Chiuso nella sua torre di difesa, una torre che deve salvaguardarlo non dagli intrusi esterni, ma soprattutto dalla sua stessa casa e dai suoi familiari, Sior Todero è un vecchio «rustego», un veneziano all’antica, di quelli che, secondo il Goldoni, hanno determinato la ricchezza della città lagunare, ma anche il suo inguaribile anacronismo. Un padre – padrone, che, se da un lato ha saputo preservare il patrimonio familiare senza andare dietro le mode del momento (come invece hanno fatto, ad esempio, i protagonisti della Trilogia della villeggiatura) dall’altro si è lasciato poi ingenuamente derubare dal suo fattore e ha reso il proprio figlio un imbelle senza spina dorsale.
Ancora una volta per il Goldoni non è solo la ricchezza ammassata che conta, ma assai più importante è quella guadagnata con il proprio lavoro e la propria intraprendenza. Una concezione moderna della società che, come è noto, non sempre gli fruttò grandi simpatie nella sua città. Inoltre l’autore indaga sulla funzione della borghesia come innovativo motore sociale, che dovrebbe essere capace di determinare nuovi modelli di sviluppo economico e di ordinamento statale.
Come sempre nelle opere goldoniane, anche qui le classi popolari sbagliano e risultano inconsapevoli se non addirittura poco oneste, mentre i «vecchi», pur con i loro meriti, appaiono immobili e troppo ancorati al passato.
E allora largo ai giovani e alle donne, molto più disposte a cambiare e ad evolversi, qui tutte intraprendenti e decise come delle moderne locandiere. Ma a moderare lo scontro tra vecchio e nuovo, come accade anche nella Famiglia dell’antiquario, ci vuole un arbitro, qualcuno che giunga ad un onorevole compromesso e che mostri quella avveduta generosità che manca al Sior Todero.
Tra vecchio e nuovo ecco apparire, alla fine, il solito deus ex machina di molte commedie goldoniane, specializzato nel risolvere baruffe: di solito è un gentiluomo borghese evoluto che con il suo equilibrio e la sua capacità di mediazione riesce a mettere d’accordo tutti: il desiderio di cambiamento delle donne e l’inamovibilità del vecchio capofamiglia.
Una commedia sulle dinamiche familiari e sociali che ripropone la morale goldoniana del giusto mezzo, basata sulla ragione e sui principi illuministici.
L’opera, frutto della coproduzione della Compagnia del Teatro Carcano, Teatro Fondamenta Nuove e Teatro Stabile del Veneto, si avvale della regia di Giuseppe Emiliani con l’ottimo Giulio Bosetti come protagonista e la spumeggiante figura della nuora Marcolina, interpretata da Nora Fuser. La messa in scena appare a volte fin troppo perfetta, e magari qualche incursione sull’attualità sarebbe stata consigliabile, ma i ritmi sono comunque molto godibili e la vivacità popolare e colorita del dialetto veneziano è resa con efficacia.
Il Sior Todero Brontolon, attualmente ancora in tournée in questo finale di stagione, andrà in scena dal 31 marzo al 9 aprile al teatro Carcano di Milano