L’ULTIMO GIORNO DI NAPOLEONE IN UNO SPETTACOLO DI ANDREA BRUNETTI CON FABIO BANFO

14 02 2009

Napoleone 1

«Napoleone», lo spettacolo presentato nei giorni scorsi al Teatro Olmetto di Milano, descrive il grande generale corso alla fine della sua parabola umana e politica, ma, nonostante tutto, ancora con il suo carisma intatto. 
Il testo scritto dal regista Andrea Brunetti sembra costruito sulle caratteristiche di Fabio Banfo a cui è affidato il ruolo del protagonista. Ne esce un ritratto di Napoleone per nulla scontato, con le sue luci e le sue ombre, ma sempre grande anche nella sconfitta e continuamente in cerca di qualcosa da conquistare, in una sorta di perenne e atavica «fame» di possesso, di dominio, di vittoria.
Alla stregua di un Don Giovanni o di un Faust, Napoleone non cessa di essere un superuomo anche nei pochi chilometri quadrati di un’isola sperduta nell’oceano.
Un personaggio non facile da interpretare, ma brillantemente risolto da Banfo, perennemente in bilico tra grandezza e pathos, tra carisma e nevrosi.
Un Napoleone che pensa a Waterloo continuamente e non sa come possa aver perduto quella battaglia. Vittima, del destino, della follia del suo più fidato generale o, forse, solo di quel Dio che lo volle per un suo disegno misterioso «due volte nella polvere, due volte sull’altar».
Un uomo che viene messo a confronto con un «giovane» e che si trova ad invidiarlo; che pagherebbe tutto ciò che aveva un tempo per poter tornare alla sua età e ricominciare la sua avventura da capo.
Lui che ha avuto tutto, tutti ai suoi piedi e ha perso tutto, ora si ritrova a contendersi le attenzioni di una puttana la quale guarda con maggiore interesse il suo servitore di quanto non guardi lui.
Ora le sue strategie di battaglia servono solo a bloccare una colonna di formiche al lavoro per la conquista spasmodica delle sue «scorte». Quelle formiche sono le schiere umane della storia, l’avanzare lento, ma inarrestabile di quel popolo che per lui era così lontano, così inferiore da doversi chinare per ascoltarlo.
Quel popolo ora è lì e lo venera come sempre, non riesce a non amarlo, nonostante la sua arroganza, lo venera anche da sconfitto, per il suo carisma che incantava gli uomini e suscitava in loro grandi sogni, quella «fantasia» che sempre ha colpito l’immaginario di tutti. Il popolo lo adora, ma alla fine lo supera, semplicemente va oltre.
Napoleone è solo un uomo che voleva sempre vincere, che non tollera di perdere anche se in gioco c’è solo una giovane contadina troppo "generosa". Vuole vincere a tutti i costi, anche contro un’ordinata colonna di formiche; non importa se per farlo dovrà distruggere lo stesso oggetto da conquistare: questa è la vittoria e la vittoria viene prima di tutto.
Alla fine, il popolo che tanto lo aveva amato sarà proprio il primo a tradirlo, servendogli più o meno consapevolmente del cibo avvelenato.


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