LA PARABOLA DELLA VITA – L’OROLOGIO DEGLI DEI di GIOVANNI ALLEVI – Nuovo video
8 08 2009
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Un gruppo che mi piace molto, per i loro testi mai scontati anche quando parlano d’amore, ironici e impietosi, lucidi nel mettere a nudo le nostre ipocrisie personali e collettive
L’AREOPLANO
Sfreccia in cielo un aeroplano
Io ti amo e non ti penso mai
Penso a quello che ci resta
Vola l’aeroplano, Va lontano
Vola su Baghdad
Noi voliamo invano
Che cosa resta degli anni passati ad adorarti
Cosa resta di me
delle bocche che ho baciato in discoteca
Che cosa ne è della nostra relazione
Stupidi noi che piangiamo disperati
Che cosa resta dei sogni che avevamo nella testa
La nostra esperienza a che cosa servirà
Sfreccia in cielo un aeroplano
Io ti amo e non ti penso mai
Penso a quello che ci resta
Vola l’aeroplano, Va lontano
Vola su Baghdad
Noi voliamo invano
Intanto Dio guardava il Figlio Suo
E in onda lo mandò
A Woytila e alla P2
A tutti lo indicò
A Cossiga e alla Dc
A BR e Platini
A Repubblica e alla Rai
La morte ricordò
Scivolo nel fango gelido
Il cielo è un punto
Non lo vedo più
L’Uomo Ragno m’ha tirato un polso
Si è spezzato l’osso, ora
Dormo oppure sto sognando,
perché parlo ma la voce non è mia.
Dico Ave Maria
Che bimbo stupido
Piena di grazia, mamma
Padre Nostro
Con la terra in bocca
Non respiro
La tua volontà sia fatta
Non ricordo bene, ho paura
Sei nei cieli
E Lui guardava il Figlio Suo
In diretta lo mandò
A Woytila e alla P2
A tutti lo mostrò
A Forlani e alla Dc
A Pertini e Platini
A chi mai dentrò di sé il Vuoto misurò.
Le musiche e le sonorità sono inconfondibili e decisamente belle, valorizzano appieno la tragica ironia dei testi.
Non aspettarti
che dalla mia bocca
esca una sola parola
contro di te
Sarà
il tuo stesso cuore
a pronunciarsi
anche per me
La Russia è il silenzio, lo sciabordare dell’acqua dei suoi fiumi lenti lungo le pianure,
i tronchi argentati delle betulle in fila che salutano
il passaggio delle chiatte lunghissime a fior d’acqua
e i pescatori che stanno su isolotti di canne ad aspettare pensierosi.
Russia dalle mille cupole come ricetrasmittenti celesti
che parlano con i serafini e ardono del loro fuoco.
I tuoi colori di folle bellezza che risplendono nell’oro
o in mezzo alle rovine di muri scrostati
a rappresentare per un momento un altro mondo,
il solo mondo che conti.
Il silenzio dei muri delle tue chiese
che raccontano per sempre le storie infinite dei tuoi santi,
con ritmo lento e incessante,
per chi vorrà ascoltare, per chi vorrà vedere.
Ogni colore è un’emozione,
ogni vibrazione una musica,
ogni linea una strada e una melodia.
Mille sguardi ci accompagnano nella strada della vita
e non ci abbandoneranno mai, saranno con noi per sempre.
I tuoi preti hanno voci profonde e cantano per ore intere,
mentre noi ci inchiniamo, segnandoci con la croce
così dobbiamo ricordare di chi siamo e dove andiamo:
non c’è via senza questa via.
Possiamo solo adorare
o uscire per sempre da qui:
la fede è imperiosa.
Possiamo solo abbandonarci alla mano di Dio
o fuggire dalla sua vista,
non c’è via di mezzo.
Innamorarci della sua antica Trinità
dai giovani angeli di sovrumana bellezza.
Cercare con Sergey il drago che è dentro di noi
e armati di ferro sconfiggerlo e amarlo.
Se il Cielo è bello come un’opera di Rubliev
lasciatemelo sognare nel silenzio profondo
per tutti i giorni della mia vita.
C’è silenzio e silenzio.
C’è il vuoto del nostro horror vacui.
L’assenza di suono delle nostre giornate
quando ci sembra che l’anima
venga risucchiata dal nulla e sprofondi
nell’inferno delle nostre angosce quotidiane
e nei pensieri che irrompono veloci
e sempre uguali.
E c’è il silenzio di quelle pianure,
delle anse dei fiumi lunghe
e flessibili come le canne sulle rive,
come i gigli d’acqua dal pallido colore di vaniglia
allora lo senti intenso e forte il silenzio della nostra anima
che non soffre di meno,
ma che sa di esistere e di amare la vita,
sente la densa dolcezza e il fitto dolore dell’essere
e sa che è quello per cui siamo fatti
la forza di una mano che scende dall’alto
e che ci accarezza i capelli come ad un figlio.
La Russia è una canzone triste e struggente
come il vento di Tarkovskij
che arriva a folate dal passato
ci attraversa riempiendoci del suo volo
portandosi via qualcosa di noi.
Ma dopo non siamo più gli stessi, dopo sappiamo.
Conosciamo come la Madre della Tenerezza
quando cerca la guancia del Figlio,
perché tutto è già compiuto
e il tempo sarà, è, è stato in quest’ordine.
Un Dio creatore eterno dai grandi occhi che ti segue
e ti accarezza mentre piangi, ti sostiene mentre sanguini
e ti ascolta compiaciuto mentre ridi e preghi e canti,
finché avrai voce, la tua canzone triste sul fiume.
Grazie Russia, in te ho visto
e tu mi hai dato gli occhi e la voce,
il sorriso, il pianto, e lo sguardo di Dio.
CREDO nel valore supremo dell’individuo e nel suo diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità.
Io credo che…
(clicca sull’immagine per vedere la parte finale del film "Il vento e il leone")
Sceriffo dei Berberi: "Grande Raisuli, ormai tutto è perduto, tutto è travolto dal vento come avevi detto, abbiamo perduto tutto."
Mulay Achmed Mohammed El-Raisuli il Magnifico: "Sceriffo, non esiste una cosa nella tua vita per la quale valga la pena perdere tutto?"
Questa è l’atmosfera fatata della "mia" mezzanotte di quest’anno: una piccola luce che riecheggia una grande luce più lontana.
Ve la dedico…
24 Dicembre 2008
Seduti al tavolino di un bar due ex amanti si ritrovano due anni dopo la fine del loro rapporto clandestino: ricorrono i soliti «come stai», «che fai adesso» intervallati da pause di visibile imbarazzo e da ricordi che non collimano, stesse storie raccontate in modi ben diversi.
Ogni ricordo sbiadisce come in una vecchia foto e si vive la strana sensazione che tutte le esperienze siano sempre in bilico tra realtà e immaginazione. Ogni traccia rimane come nella memoria di un ubriaco, vacillante, piena di lacune e forse inventata, magari «riveduta e corretta». Sono amnesie provvidenziali che permettono di continuare a vivere, ma documentano efficacemente quell’insostenibile leggerezza che consente di passare dall’intimità di una vita a due alla totale indifferenza anche dopo anni di convivenza o di assidua frequentazione.