Il tuo ultimo sguardo sull’Africa

12 07 2017

 

 

Continuo a pensare a questo film criticatissimo e fischiato a Cannes, che non si tiene insieme tra scene d’amore disperato, ma hollywoodiano, e vita dei medici di frontiera in mezzo a sangue e atrocità di ogni genere. Il fatto è che forse nella mente di Sean Penn questo film non poteva e non doveva reggere, perché doveva delineare la distanza incolmabile tra un’Africa involuta su se stessa, in una spirale di violenza e povertà senza fine e l’Occidente che chiude semplicemente gli occhi sulle proprie responsabilità e si limita a gestire le emergenze. Chi tenta di fare qualcosa, come i due protagonisti, in ambiti diversi, potrà diventare solo uno dei tanti inutili martiri dei fronti di guerra oppure verrà risucchiato dalle mille iniziative benefiche che rappresentano semplicemente dei palliativi rispetto all’assenza di decisioni politiche ed economiche a livello planetario. Due facce della stessa medaglia, armati di tanta buona volontà, ma che appaiono fuori luogo, come se con un cucchiaino da caffé si cercasse di svuotare l’oceano… I paesaggi africani bellissimi e crudeli come la natura fanno da sfondo dissonante e complementare all’orrore di cui gli uomini si rivelano capaci. La sensazione di impotenza fa semplicemente fuggire via. Chi, invece, vorrà restare a vivere in Africa e non andarsene, rinunciando, in un certo senso, alla propria vita da occidentale, subirà inevitabilmente la stessa sorte della popolazione martoriata.