L’EREDITA’ DEL DESTINO – The Burning Plain

26 12 2008

22 Novembre 2008

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Guillermo Arriaga, sceneggiatore dei film di Inarritu, attualmente passato alla regia, ci ha abituato ai suoi destini intrecciati, al caso che ci sorprende e ci stupisce, alla sensazione che dietro ogni apparenza di casualità si nasconda, invece, una logica di causalità misteriosa eppure ben riconoscibile. Forse assistiamo alle imperscrutabili logiche dell’antico Fato o al dispiegarsi di un misterioso legame che unisce i destini di uomini diversi e solo apparentemente lontani, perché le azioni di ognuno finiscono, in realtà, per influire sul futuro di tutti: è la storia di «21 grammi» come di «Babel» e adesso di questo «The Burning Plain» dove il destino sembra ripetersi per tre generazioni di donne, soprattutto come un viaggio nella coscienza e nell’eredità del passato proprio e altrui.
Si assiste ad un itinerario umano che cerca faticosamente il suo difficile scioglimento: ognuna delle protagoniste, infatti, rischia di rivivere i traumi della propria madre e di diventare da vittima carnefice, schiava delle proprie immagini mentali, dove l’emulazione di colei che si rifiuta e si ama vale più di qualunque verità razionale.
Questa volta Arriaga indaga il mondo dei sentimenti e dell’inconscio, costruisce con le sue tipiche inversioni spazio-temporali una sorta di giallo, scavando nei recessi della mente, nei sensi di colpa che diventano desideri autodistruttivi.
Una madre, Gina, interpretata da Kim Basinger, è al centro di questa vicenda, con la sua doppia vita e la sua solitudine assente. Gina è una moglie alle prese con il suo non sentirsi più donna da quando un tumore l’ha menomata e il marito si è dimostrato incapace di accettarla, così, mutilata, ma vittoriosa.
Fuori dall’oppressione e dalla solitudine di questo stereotipo familiare c’è invece Nick, uno «straniero», qualcuno che sembra con c’entrare nulla, e che, invece, capisce tutto anche senza parole. E c’è un luogo deserto dove questo amore cerca un posto improbabile in cui vivere.
Ma nel mondo degli obblighi sociali, tutto è molto più difficile: ci sono famiglie, figli e pregiudizi; tutto sbarra la strada ad una possibile nuova vita.
Gina per i propri figli è semplicemente latitante e sola di fronte alla sua vita e alle sue emozioni. Il trauma della figlia maggiore, Mariana, diventa tragedia e sarà lei a raccogliere l’eredità di questa madre o meglio, della sua immagine, che crede perversa e «puttana», niente di più di una donna che si vende senza amore e senza pudore.

Così Mariana gioca a fare l’amante nel letto dei genitori con il figlio dello stesso uomo di cui la madre era innamorata, rivivendo tutto come in una specie di destino rituale o di coazione a ripetere. Vicende intrecciate, come i pensieri e le psicologie avvitate su se stesse che caratterizzano l’avvicendarsi delle generazioni. Un tentativo di rivivere e purificare che non riesce, non può riuscire. Allora non resta che la fuga, che lasciare ogni identità e ogni amore, perché non ne si è degni e continuare a «darsi via», a ripetere il destino di morte…
Infine, però, la ruota del cosmo gira sulle vite degli uomini, e così Mariana ha lasciato dietro di sé una traccia che non può essere dimenticata: qualcuno che potrà diventare come lei oppure potrà aprirle una nuova possibilità di esistenza, una speranza inattesa di ricominciare da capo.
L’interpretazione del personaggio di Sylvia da parte di Charlize Theron da sola vale il film…

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