LA LEGGENDA DELLO STUPA VOLANTE

13 01 2009
Monaco buddistaUn giorno il monaco mendicante Tripikaka ebbe una visione: in una notte di luna piena gli apparve Buddha Shakyamuni che volando su un fiore di loto gli disse: « O Tripikaka, costruiscimi uno stupa di berillo e di smeraldo dal quale pendano stoffe preziose e intorno alberi adorni di gioielli spandano la loro luce e soavi melodie»
Ma il monaco rispose: «Come posso, o Venerabile Tathagata costruirti un simile stupa? Io non posseggo nulla, non ho averi su questa terra né protettori potenti né parenti a cui chiedere perché io possa farti un simile dono…»
Ma il Buddha lo guardò sorridendo e avvolto in una pioggia di mandarava scomparve alla sua vista senza rispondere. Il monaco, mortificato, pensò e ripensò a come poter soddisfare le richieste del venerabile Shakyamuni, ma non venne a capo di nulla.
Poiché era un monaco girovago, mentre pensava e ripensava vide un uomo al quale la ruota del carro si era incastrata tra le pietre di una via dissestata e lo aiutò a far ripartire il suo veicolo.
Poi riprese il cammino.
Dopo un po’ trovò un giovane che piangeva perché l’anello che il padre morendo gli aveva donato era finito in un canale poco distante e non riusciva più a ripescarlo. Allora insieme si recarono sulla riva e ciò che uno solo non sarebbe riuscito a fare, in due, invece, riuscirono a realizzare, così l’anello fu ritrovato e tornò al dito del suo legittimo proprietario.
Intanto colui che aveva sbloccato la ruota del carro e si era rimesso in marcia e poco dopo trovò sulla strada un piccolo cane ferito che gli disse: «Pietà signore, salvami o coloro che passano sulla via mi schiacceranno! » Allora il carrettiere lo prese con sé e lo curò.
Mentre il giovane che aveva recuperato l’anello incontrò una donna che stava portando un paniere di riso verso casa e la aiutò sobbarcandosi tutto quel peso, eccessivo per lei.
Intanto il monaco aveva proseguito, e giunse presso la casa di un ricco mercante. Lì una giovane si lamentava perché il suo innamorato l’aveva lasciata e minacciava di lasciarsi morire di dolore. Allora il monaco pianse con lei tre giorni e tre notti, finché la giovane il quarto giorno si alzò e si mise a mangiare.
Successivamente, il monaco incontrò un bambino che solo, davanti alla sua casa, era triste, perché non aveva nessuno con cui giocare. Allora il monaco con le sue dita disegnò le ombre sul muro, imitando uomini e animali finché il bambino rise, si divertì e le lacrime scomparvero dai suoi occhi.
Nel frattempo, la giovane innamorata incontrò un vecchio solo che si trascinava perché era zoppo allora lei lo prese sotto braccio e insieme si recarono da un artigiano dove gli fece costruire un bellissimo bastone.
Contemporaneamente, il bambino si recò a scuola, e ricordando quanto si era divertito, scrisse pensieri bellissimi, con meravigliosa calligrafia come se sul foglio le sue mani stessero danzando, così fece sorridere la maestra, che di solito era molto severa.
Il piccolo cane ferito, poi, dopo essere stato curato dal carrettiere, un giorno vide un cieco che non riusciva più a trovare la strada e allora lo tirò per una manica finché lo guidò dove doveva andare. La donna che portava il paniere trovò un mendicante che non aveva nulla da mangiare e gli versò nella bisaccia tanto riso da sfamarlo per una settimana.
Intanto il monaco aveva proseguito il suo cammino e giunse dal più ricco degli uomini, il quale gli disse:« Se io che sono il più ricco degli uomini sono così infelice, chissà come ti sentirai tu che non possiedi nulla in questo mondo…» Ma il monaco rispose sorridendo: «Veramente non mi sento infelice poiché questo è l’unico tesoro che l’uomo può possedere e che nulla potrà portargli via. Essere in sintonia con l’universo.»
Allora il più ricco degli uomini rimase stupito e gli chiese: «Insegnami come si può essere felici allora!»
Ma il monaco gli rispose: «Io non lo so veramente, ho soltanto pensato a chi incontravo, non ho pensato molto a me.»

Nel frattempo dalle dieci direzioni cominciarono a radunarsi tutti coloro che per un motivo o per l’altro avevano ereditato le azioni del monaco: arrivò il carrettiere, il giovane dell’anello, il bambino triste, la giovane innamorata, il piccolo cane, la donna con il paniere di riso, il vecchio col bastone, il cieco e mille altri che lo avevano incontrato nel cammino o che erano stati beneficiati anche indirettamente dalle conseguenze dei suoi atti.

Il monaco rimase molto stupito, non avrebbe mai pensato di aver raggiunto così tanta gente.
Nel frattempo nel cielo si cominciò a scorgere un bocciolo luminoso dai lunghi petali.
Esso giungeva dall’alto avvolto dalla luce e quando arrivò quasi a terra si schiuse: dentro c’era uno stupa di berillo, smeraldi e rubini con alberi di gioielli che tintinnavano intorno e stoffe preziose dai molti colori che si muovevano al vento.
Tutti coloro che erano giunti si misero a girare sette volte intorno allo stupa meraviglioso e, infine, esso divenne trasparente: così tutti videro che dentro il Tathagata insegnava la Dottrina, spandendo la sua luce.
Allora si udì una voce: «Ecco lo stupa che hai costruito o bhikkhu, con le tue mani stringendo le mani di molti, queste sono le pietre che Mara non potrà mai portare via!»

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