L’Innominato di Branciaroli – La fede è sempre una lotta

2 09 2016

Al Meeting di Rimini 2016 la sera del 23 agosto, un’interpretazione superlativa di Franco Branciaroli della Notte dell’Innominato e della sua conversione, una lettura toccante, dalle mille sfumature che ha suscitato in un intenso crescendo la commozione generale. Nel finale alcuni secondi interminabili di silenzio del pubblico esterrefatto e poi è esplosa meritatamente l’ovazione dalla platea sold out. E pensare che durante l’intervista precedente lo spettacolo il Nostro non sembrava molto convinto della riuscita dello spettacolo, rimarcando il fatto che la scelta del testo manzoniano non era partita da lui. Non ce ne voglia il Maestro, ma, visto l’eccezionale risultato, speriamo in altre simili imposizioni!

 

Leggi l’intervista a Franco Branciaroli cliccando sull’immagine

Anche i prof a scuola quando leggono il Manzoni dovrebbero ricordarsi di queste considerazioni di Branciaroli, invece di preoccuparsi solo che i ragazzi non usino i bigini. Naturalmente il filmato si riferisce ad un altro evento, ma comunque a partire da 3.47 si può intuire qualcosa della bellezza di questa lettura.



Per far capire questo grande autore bisogna renderlo vivo, come Branciaroli ha fatto allo spettacolo del Meeting, e questo vale non solo per la notte dell’Innominato, ma anche per molte considerazioni storiche e sociali contenute nel romanzo e di grande attualità. Eccezionale è la visione del cristianesimo da cui si può solo imparare, tratteggiata sul modello di San Filippo Neri e del Francescanesimo seicentesco, con le sue opere sociali e di assistenza. Un capitolo a parte, poi, è il rapporto con i luoghi manzoniani, che consiglio a tutti di visitare, perché attraverso di essi il romanzo assume un’altra prospettiva. Scoprire, per esempio, che la salita al castello dell’Innominato è in realtà una antica Via Crucis punteggiata di cappelle votive e che, arrivati quasi in cima, si trova una scala santa che porta all’eremo di San Girolamo Emiliani, un santo vissuto in quei luoghi nel ‘600 il quale viveva poveramente dedicandosi al soccorso degli emarginati e dei sofferenti, fa capire molte cose… Così come scoprire che la storia delle intimidazioni ad un prete per non far celebrare un matrimonio riguardava non un nobile qualunque, ma un antenato dello stesso Manzoni, ci fa capire che il grande scrittore, raccontando di Don Rodrigo, era ben consapevole di non parlare del male di altri ma di quello che può esistere in tutti noi… La grande capacità del Manzoni, poi, è di rendere vivo il Vangelo attraverso le azioni e le parole semplici del romanzo. “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” ci fa pensare al buon ladrone, per il quale un atto di misericordia disinteressato, insieme al riconoscimento dei propri errori, ha voluto dire la salvezza…

 



ANCHE IL MERCATO ASPETTA GODOT – “L’Affarista”, l’impietosa satira di Honoré de Balzac sul mondo della speculazione borsistica, è ancora un’opera teatrale di sorprendente attualità

1 02 2012

“Ah! Conoscete la nostra epoca! Oggi, signora, tutti i sentimenti svaniscono e il denaro li sospinge. Non esistono più interessi perché non esiste più la famiglia, ma solo individui! Vedete! L’avvenire di ciascuno è in una cassa pubblica (…) Vendete gesso per zucchero: se riuscite a far fortuna senza suscitare lamentele, diventate deputato, pari di Francia o ministro.”

Se volete divertirvi andando a teatro, ridere di gusto, in modo intelligente, della crisi finanziaria dei nostri giorni e magari scoprire anche qualche bandolo dell’intricata matassa dei mercati, allora “L’affarista” è lo spettacolo giusto. L’opera, pubblicata da Honoré de Balzac durante la crisi economica del 1848, sembra più o meno scritta oggi, visto che le problematiche legate al funzionamento dell’economia di mercato – tra banche, Borse e consigli di amministrazione – somigliano in modo sorprendente alle notizie dei nostri telegiornali. Nello spettacolo presentato nei giorni scorsi al Teatro Sociale di Brescia, all’attualità del testo si aggiunge poi la brillante messa in scena del regista Antonio Calenda, nella quale si impone il protagonista Mercadet, interpretato con travolgente verve da Geppy Gleijeses.

In questa esilarante e illuminante cavalcata all’interno delle assurde e farsesche contraddizioni del nostro sistema economico, il protagonista è accompagnato da un gruppo di ottimi attori tra i quali ricordiamo soprattutto Marianella Bargilli che interpreta la figlia Julie e Paila Pavese la moglie dell'”affarista”, funambolo folle e incosciente della speculazione borsistica. L’opera propone, con accenti ironici e sarcastici, una lucida analisi della situazione in cui la borghesia si è venuta a trovare da quando allo sviluppo industriale si è aggiunto lo strapotere del capitale finanziario attraverso l’introduzione delle quotazioni di borsa. Con la giustificazione, infatti, di trovare finanziatori per le proprie imprese, si è dato il via all’emissione di azioni da quotare, in base, appunto, alla credibilità a breve e a lungo termine delle aziende, vale a dire in base all’odierno temutissimo rating di cui tanto sentiamo parlare in questi giorni. Peccato, però, che tutto sia fondato in gran parte su notizie che sconfinano nelle dicerie, su bilanci non si sa fino a che punto veritieri, su voci incontrollate che possono far alzare o abbassare il prezzo di un’azione all’improvviso e in modo inopinato. Balzac senza mezzi termini colpisce duro i fautori del mercato ad ogni costo e con ogni mezzo, gli speculatori, quelli che sfruttano le disgrazie altrui, quando addirittura non le creano; quelli che, come lo stesso Mercadet, inventano false notizie per abbassare il prezzo di un’azione e quindi ricomprarla prevedendo un rialzo nel momento in cui tali notizie saranno smentite. E che dire dei giochi al ribasso e a borsa chiusa dove le cose si decidono dietro le quinte all’insaputa di risparmiatori e piccoli investitori? Ma se Mercadet è un malato dell’affare, un trader da rischio estremo, d’altra parte i suoi creditori – trasformati da Calenda in caricature ispirate a Honoré Daumier – non sono da meno: come le banche di oggi, anche loro sono lì a speculare sulle disgrazie altrui, come corvacci che si addensino nel cielo del dichiarato fallimento oppure stiano a vedere se si possa in un modo o nell’altro trovare ancora l'”affare” miracoloso che risolva tutti i problemi. E così, se l’affare non c’è, si può sempre inventare. Come? Semplicemente emettendo azioni di una meravigliosa azienda fantasma: dal giornale che non si stampa alla miniera di carbone scoppiata, l’importante è “far credere che…” qualunque cosa sia, purché il mercato cada nella trappola anche solo per un giorno, il tempo di far salire il prezzo e vendere. Oppure ci si inventa un fantomatico socio venuto da Calcutta che ripianerà tutti i debiti…

Il mitico signor Godeau in realtà scappato con la cassa di Mercadet (ma sarà vero? magari è sempre stato un’invenzione!) che, si favoleggia, tornerà ricchissimo dalle Indie. Il suo nome vi ricorda qualcosa? E’ il personaggio al quale Beckett si è ispirato nel suo Aspettando Godot, per identificare qualcuno che non arriva mai e che l’uomo stesso si è inventato. Godeau, insomma è “il salvatore del mercato” atteso da tutti. E d’altra parte non si vende anche oggi non tanto quello che c’è, ma soprattutto quello che non c’è? Non ci si basa su veri o presunti soci (magari proprio indiani o cinesi), su cordate e Opa più o meno fantasma? Com’è piccolo il mondo! Stupisce l’acume di Balzac e la sua straordinaria lucidità quando enuncia la logica del mondo moderno che è soltanto una somma di egoismi ed è completamente governato dal denaro e dalle leggi dell’economia in modo assolutamente “bypartisan”, visto che, quando si tenta la carta della carriera politica, fare i progressisti pare sia molto chic e quindi perché non optare per una bella candidatura socialista? Così De la Brieve, il più sfacciato degli impostori che subito fa lega con Mercadet, tra i suoi sogni, ha proprio quello di diventare ministro… socialista ovviamente.
Molto meglio che lavorare, tanto che quando la signora Mercadet invita entrambi finalmente a rinunciare alle loro trappole da imbroglioni e ricominciare da capo con un lavoro onesto, tutti e due rispondono con orrore: “Un lavoro??!!” Alla fine la “geniale” soluzione di Mercadet mette d’accordo tutti, compresi gli scrupoli di coscienza delle due donne di famiglia, madre e figlia, che da buone borghesi, sperano di salvare l’onorabilità. Non sanno, però, che in una società del genere nessuno entrato in quel meccanismo potrà mai preservare l’onore né l’etica e men che meno la virtù, con buona pace dei fiduciosi riformatori del mercato. In realtà molto poco è stato fatto da allora ad oggi per modificare seriamente determinati meccanismi economici e probabilmente nulla si farà, al di là delle belle parole, data l’enorme importanza degli interessi in gioco. Sono passati quasi due secoli da quando Balzac scriveva ed è forse cambiato qualcosa di sostanziale? Anzi, al contrario, ciò che si vende e si compra a livello finanziario appare talvolta ancora più virtuale e pericoloso di una volta. Derivati e affini docent.

Rossana Cerretti