A SCULPIR QUI COSE DIVINE – Le parole di Michelangelo

30 01 2009


Con tanta servitù, con tanto tedio
e con falsi concetti e gran periglio
dell’alma, a sculpir qui cose divine.

(Michelangelo Buonarroti, Rime 282)

 

Questi versi di Michelangelo ci ricordano il travaglio dell’artista o forse di qualunque uomo che “cerchi”, nel perseguire la visione più alta delle cose e il loro senso profondo. Il pericolo dell’acrobata sull’abisso e del visionario che contempla con gli occhi della mente ciò che la vista da sola non potrà mai scorgere.

 

 

Come già per Piero della Francesca, per Michelangelo la perfetta forma umana è l’immagine di Dio, poiché Cristo è «nuovo Adamo» che riporta l’uomo alla sua dimensione originaria nel giardino dell’Eden, dove il primo essere umano, secondo la tradizione, parlava con tutte le creature viventi, ovvero era unito ad esse, le comprendeva.

Per questo il corpo umano è nudo: perché la verità sacra è «nuda» cioè esprime la perfezione dell’essere nella sua natura originaria.

Analogamente, la Vergine della Pietà di San Pietro non ha più di vent’anni, è più giovane di Cristo stesso, perché la natura originaria dell’essere umano non invecchia, è semplicemente eterna, fa parte del Figlio.

 

Questi concetti sono espressi in modo particolarmente affascinante nell’omelia n. 10 di Sant’Agostino a commento del Vangelo di Giovanni:

Adamo fu come frantumato, e dopo essere stato disperso, viene raccolto e fuso in uno mediante la società e la concordia spirituale. E’ rinnovato in Cristo, il novello Adamo che è venuto per reintegrare in sé l’immagine di Dio. Da Adamo proviene la carne di Cristo, da Adamo il tempio che i Giudei distrussero e che il Signore fece risorgere il terzo giorno…

Pregate senza esitazione, c’è chi ascolta: chi vi ascolta è dentro di voi. Non dovete levare gli occhi verso un determinato monte, non dovete levare lo sguardo alle stelle, al sole, alla luna. Non crediate di essere ascoltati se pregate rivolti al mare: dovete anzi detestare preghiere simili. Purifica piuttosto la stanza del tuo cuore; dovunque tu sia, dovunque tu preghi, è dentro di te colui che ti ascolta, dentro nel segreto, che il salmista chiama “seno” dicendo: La mia preghiera si ripercuoteva nel mio seno (Sal 34, 13). Colui che ti ascolta non è fuori di te. Non andare lontano, non levarti in alto come se tu dovessi raggiungerlo con le mani. Più t’innalzi, più rischi di cadere; se ti umili, egli ti si avvicinerà Questo è il Signore Dio nostro, Verbo di Dio, Verbo fatto carne, Figlio del Padre, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, eccelso come Creatore e umile come Redentore; che ha camminato tra gli uomini, sopportando la debolezza umana, tenendo nascosta la potenza divina.»

Il commento musicale poteva essere soltanto un madrigale di Claudio Monteverdi:

 

Si dolce è ’l tormento
Ch’in seno mi sta,
Ch’io vivo contento
Per cruda beltà.
Nel ciel di bellezza
S’accreschi fierezza
Et manchi pietà:
Che sempre qual scoglio
All’onda d’orgoglio
Mia fede sarà.

II
La speme fallace
Rivolgam’ il piè.
Diletto ne pace
Non scendano a me.
E l’empia ch’adoro
Mi nieghi ristoro
Di buona mercè:
Tra doglia infinita,
Tra speme tradita
Vivrà la mia fè

III
Se fiamma d’amore
Già mai non sentì
Quel riggido core
Ch’il cor mi rapì,
Se nega pietate
La cruda beltate
Che l’alma invaghì:
Ben fia che dolente,
Pentita e languente
Sospirimi un dì.

 


Actions

Informations

One response to “A SCULPIR QUI COSE DIVINE – Le parole di Michelangelo”

16 03 2009
anonimo (20:58:32) :

ANCORA MICHELANGELO: UNA MOSTRA IMMAGINARIA

Dopo la mostra dello scorso anno, Tributo a Raffaello Sanzio, allestiamo un omaggio alla grandiosa e combattuta personalità di Michelangelo Buonarroti, cui Vasari attribuisce l’appellativo di “artista per eccellenza” per la sua molteplicità di interessi in ogni campo artistico: scultura, pittura, architettura, letteratura.

A sculpir qui cose divine è una mostra che approfondisce il cammino di questo grande artista, osannato e criticato in tutti i tempi, la cui produzione artistica si colloca certamente all’apice di quel Rinascimento che tutto il mondo invidia all’Italia, e che, insieme all’opera di Raffaello Sanzio, getta le basi al Manierismo.

La mostra raccoglie numerose sculture e dipinti dell’artista, i cartoni preparatori e le riproduzioni fotografiche della celebre volta della Sistina che l’artista è chiamato ad affrescare nel 1506.

Ma prima di introdurre le principali opere, eccezionalmente raccolte in questa importante mostra, è necessario accennare alla vita del Buonarroti, i cui principali eventi sono narrati dai colpi di scalpello e di pennello dell’artista stesso.

Nato a Caprese, Michelangelo è indirizzato agli studi umanistici dal padre, incapace di comprendere la grande inclinazione artistica del fanciullo; ma egli ottiene poi il permesso di entrare nella bottega fiorentina di Domenico Ghirlandaio, dove mostra il suo carattere burbero, dovuto all’astio nei confronti del padre, procurandosi la rottura del setto nasale durante uno scontro con gli altri allievi.

Presto Michelangelo si stacca dal maestro per entrare nel giardino mediceo di San Marco (il corrispettivo fiorentino dell’Accademia dei Correggi) dove analizza gli affreschi del Beato Angelico, la collezione di sarcofagi romani presente e dove l’ultimo allievo di Donatello lo indirizza alla scultura, arte nella quale l’artista fa convergere grande dinamicità e significato (la mostra inizia col rilievo raffigurante una centauromachia: una delle prime opere di Michelangelo, nella quale già troviamo le torsioni virtuosistiche che costituiranno poi il reale soggetto della Cappella Sistina). La produzione scultorea è fortemente caratterizzata dall’analisi del rapporto tra la Vergine Maria e il Bambin Gesù, che assume sempre pose anomale per l’iconografia sacra, ma assai naturali (scalpita, piange, …). Michelangelo ha infatti perduto la propria madre da bambino, e questo mancato rapporto è espresso nella sua arte.

Egli inoltre possiede una fortissima spiritualità: venuto a contatto con le idee neoplatoniche e con la filosofia, Michelangelo sa che Dio è dentro di lui; forse, la grandezza di Dio si esprime attraverso l’energia di quelle mani in grado di dipingere le quattrocento figure del Giudizio Universale. L’arte di Michelangelo è l’opera di un profeta che testimonia di aver conosciuto la grandezza di Dio, ma che è uomo continuamente tentato dal peccato.

Michelangelo t4stimonia fin dalle prime opere il suo messaggio: nella realtà è presente il sigillo divino che imprime l’idea, e per questo nella mostra è presente l’intera collezione dei Prigioni, emblema di quella tecnica del non-finito che caratterizza la sua produzione artistica. Michelangelo crede nella potenzialità della materia che contiene in potenza la forma: “non ha l’ottimo artista alcun concetto ch’un marmo solo in sé non circonscriva” sono le parole di commento alle sculture di questi schiavi che cercano con “gran periglio” di liberarsi dalla materia, che in questo caso rappresenta la concretezza peccaminosa dalla quale Michelangelo vorrebbe liberarsi per essere puro spirito di Dio.

Dio è dentro di noi: per questo Michelangelo inventa il gigantismo, che trova il suo massimo esempio nella colossale (circa 4 metri d’altezza) statua del David, l’eroe nudo raffigurato come un atleta greco teso e concentrato, emblema della forza fisica subordinata all’energia mentale, la “ratio”. L’ispirazione divina anima il braccio del David pronto a uccidere Golia, e la potenza di Dio è dentro di lui: la perfetta forma umana del David e le sue enormi dimensioni rappresentano la grandezza del Padre Eterno che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.

Ma Michelangelo, che sa di essere un peccatore, è conscio che uomo e Dio siano due entità ben distinte, e la sua diatriba, tra il voler tendere a Dio ed essere soggetto alle tentazioni del male, è espressa nella torsione che caratterizza le sue figure, come ad esempio la Vergine nel Tondo Doni. Opera di esordio come pittore, il tondo raffigura la Vergine seduta su un prato; posato il libro che stava leggendo, ella si gira, senza scomporsi, a prendere il Bambino che san Giuseppe le passa da dietro le spalle. Sullo sfondo, sedute sopra un emiciclo in costruzione, vi sono figure di ignudi.

Ripresi nella Cappella Sistina, dove sono testimoni della bellezza dell’arte classica, gli ignudi rappresentano la purezza di Adamo prima del peccato originale: essi sono simbolo della perfezione dell’uomo così come è stato creato da Dio, in sintonia con il Creato e in grado di parlare con gli animali. Ma le figure di nudo, soprattutto se squadrate e bloccate (come il san Sebastiano nel Giudizio Universale), rappresentano anche il peso del corpo tentato dal peccato. Michelangelo è un uomo spesso tentato dai piaceri della carne o anche più semplicemente soggetto a sentimenti amorosi troppo terreni: si può ricordare l’amore per Tommaso Cavalieri, modello per Cristo nel Giudizio Universale, o la fitta corrispondenza amorosa con Vittoria Colonna, nobildonna dell’epoca. A dispetto di quanti criticano Michelangelo per gli uomini nudi della Sistina e lo etichettano come omosessuale, è più appropriato dire che Michelangelo ebbe una sessualità conflittuale e spesso bloccata, causata certamente anche dalla precoce perdita del riferimento materno, ancora una volta espressa nelle numerose Pietà che l’artista scolpisce.

Nella Pietà di san Pietro Michelangelo adotta un’iconografia nordica, contrapponendo al corpo di Cristo steso orizzontalmente sulle ginocchia di Maria, la massa verticale di una giovane madre. Questa forzata giovinezza deriva ancora una volta dal neoplatonismo, secondo le cui idee, la giovinezza rappresentava il periodo della nostra vita in cui siamo stati minimamente segnati dal peccato. Con la maturità, che sempre più avvicina Michelangelo alla morte, egli accentua gli aspetti tragici (Pietà dell’Opera del Duomo, Pietà di Palestrina), fino ad arrivare alla simbiosi tra madre e figlio raffigurata nella Pietà Rondanini. Il corpo della Vergine e quello esanime di Gesù aderiscono completamente, come se la madre stesse riprendendo nel proprio grembo il figlio morto, sperando di ridargli la vita. Anche Michelangelo spera, dopo la morte, di ricongiungersi alla madre per sancire con lei quel rapporto simbiotico che egli ha sempre avvertito, nonostante la madre sia defunta.

Ma il capolavoro di Michelangelo Buonarroti è, senza dubbio, la decorazione della volta della Cappella Sistina: i cartoni preparatori e le fotografie degli affreschi michelangioleschi sono ospitati nella sala centrale della mostra, sulle cui pareti sono riproposte gigantografie di particolari, come le dita di Adamo e di Dio, che dona la vita alla propria creatura.

Nel 1506 Michelangelo è chiamato da papa Giulio II della Rovere a decorare la volta della Cappella, ancora dipinta in azzurro a simulare un cielo stellato. Insieme a Egidio da Viterbo, ferrato filosofo neoplatonico oltre che teologo, Michelangelo concepisce un programma iconografico incentrato sul tema della redenzione dell’umanità: è l’apoteosi dell’arte di Michelangelo. In cinquecento metri quadrati egli riversa tutto il suo genio creativo, la sua urgenza di comunicare la grandezza di Dio che lo emoziona.

Interamente affrescata a buon fresco, la Cappella presenta la perfetta sintesi raggiunta da Michelangelo tra architettura, pittura e scultura: egli esprime appieno il proprio interesse per l’uomo, l’immagine di Dio, realizzando più di trecento figure in pose virtuosistiche e spesso caratterizzate da estreme torsioni. Esse sono l’emblema del tormento di un artista che considera l’uomo diviso dallo spirito e tenta esasperatamente di esprimere qualcosa che in realtà è inesprimibile, ovvero la grandezza di Dio, e la sua bontà, che l’uomo, scegliendo il peccato, rifiuta. Il peccato, che ci differenzia da quell’Adamo, creatura di Dio non ancora peccatore in un giardino dell’Eden dove egli sa parlare con gli animali, obbliga i corpi alla tensione esasperata e innaturale. Solo Cristo è “novello Adamo”, creatura perfetta venuta al mondo per volere di Dio e capace di resistere alle tentazioni di Satana perfino nel deserto.

Personalmente penso che, seppur peccatore, anche Michelangelo abbia camminato tra gli uomini, sopportando (e cercando di sopprimere) in primis la propria debolezza umana, tenendo nascosta la potenza divina, che egli, per tutta la vita ha cercato di esprimere con la propria arte, in mostra a Palazzo dei Diamanti (Ferrara) a partire dal primo giorno di Aprile.

Maria Bassi