ISRAELE – DIARIO DI VIAGGIO – 1. Tel Aviv tra passato e futuro

28 07 2012

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Israele dall’alto sembra un luogo semi desertico, e già si capisce che uno dei problemi principali di questo paese è l’acqua, e il suo controllo… Quando si atterra, però, ci si accorge degli enormi sforzi che gli israeliani fanno per gestire al meglio questa risorsa preziosa, con migliaia di microtubi che distribuiscono goccia a goccia l’acqua nei giardini: in questo modo piante e fiori prosperano dovunque, nonostante le temperature intorno ai 35-40 gradi. Se avessimo avuto dei dubbi sulla tenacia certosina degli ebrei adesso sarebbero immediatamente fugati. C’è però qualcosa di inquietante in questo, una determinazione ai
limiti della follia per rendere questa terra abitabile, attaccati con le unghie e con i denti ad ogni metro quadro di questo terreno, che se non fosse colonizzato, sarebbe semplicemente un deserto.

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Altro incontro ai limiti del surreale: in un prato in mezzo allo svincolo della superstrada che ci sta portando in hotel, sotto una palma, vedo un ebreo praticante (noi diremmo integralista) chiuso nel suo cappotto nero (con 40° all’ombra, grado più grado meno) – cappello a larghe falde e barba lunghissima – che sembra pregare con un libro in mano. Sarà stato un fantasma?
In effetti proseguendo vediamo ovunque manifesti di un rabbino ( che mi pare gli assomigli) – ormai passato a miglior vita, ci informa la guida – che alcuni seguaci considerano come il messia… Comincia già la “sindrome di Gerusalemme”? Pare di sì…

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Arrivati a Tel Aviv, subito mi colpisce la strana architettura di questi luoghi: al contrario di ciò che faremmo in Italia, qui si cerca l’asimmetria, ma piena di spigoli e angoli; neppure i grattacieli hanno una forma pura, ma sono appesantiti da strutture orizzontali che non li lasciano svettare liberi, oppure sono scavati da anfratti di ogni genere: Anche l’architettura parla e qui si capisce che tutto si appesantisce, imbrigliato in “regole” incomprensibili, regole irrazionali che diventano muri.

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Ci sistemiamo in un hotel sulla costa, e quando usciamo sul lungomare, ci investe, oltre al caldo umido della capitale, anche una marea di giovani fanatici del jogging superpalestrati.

Qui ci sembra di essere più che in Europa, in una città del nord, magari in Olanda, tutti presi da una specie di fanatismo antiorientale… Scopro poi che Tel Aviv è una delle capitali del gay pride con grande scandalo degli ebrei ortodossi del paese.

Ma i muri non ci abbandonano: sul lungomare dall’aspetto così occidentale, ad un certo punto, però, vediamo uno stabilimento balneare completamente chiuso da un recinto cieco da dove escono donne con gonne nere lunghissime, camicie a maniche lunghe e capelli nascosti da foulard legati dietro la nuca, seguite da nidiate di bambini. I “praticanti” colpiscono ancora…
Nel frattempo di musulmani neanche l’ombra, ma al primo assaggio, la sensazione di essere di fronte al muro di due integralismi è subito molto forte…


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