UNA SERATA CON ALBERTO GAZALE – L’eccezionale baritono verdiano ha dedicato ai suoi fans una serata speciale

23 11 2009
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L’ennesimo «Trovatore» di questa stagione in una Trieste sempre bellissima e dall’inossidabile fascino mitteleuropeo. Sabato 21 novembre al Teatro Verdi con il suggestivo allestimento di Alessandro Ciammarughi e la brillante regia di Stefano Vizioli, è andata in scena l’opera del verdiano Manrico in una versione segnata da luci ed ombre. Deboli si sono rivelate soprattutto le voci femminili: la mezzo soprano Mariana Pentcheva (Azucena) ha recitato con molto pathos e si è distinta per la bella presenza scenica, ma talvolta non è riuscita a creare quella tensione vocale tipica del personaggio della zingara tra i bassi, peraltro bellissimi, e gli acuti (a volte forzati) che sono alla base della fortissima intensità emotiva della partitura verdiana; anche il soprano Tatjana Serian (Leonora) ha interpretato con difficoltà e incertezze la bella contesa tra i due fratelli ignari l’uno dell’altro, peccando a sua volta sulle note alte e sul fraseggio.

Le voci maschili, però, hanno riscattato la rappresentazione con la buona prestazione del basso Carlo Cigni (Ferrando) e la bella prova del coreano Francesco Hong che ha mostrato, seppure senza eseguire il «da capo» della «Pira», le sue buone doti canore e una brillantezza vocale molto interessante. Dulcis in fundo, meritatamente applauditissimo, è stato il baritono Alberto Gazale il quale nei panni del Conte di Luna ha messo in evidenza tutte le caratteristiche e le complessità di questo tipico personaggio verdiano: un cattivo con i tratti dell’umana passionalità quasi in preda ad un freddo delirio, un innamorato che non conosce limiti al proprio desiderio fino a farlo diventare brama e quasi follia. Una tragedia della gelosia fratricida che talvolta assume tratti decisamente freudiani.
Dopo la sua superba prova, che ha ricordato in diversi momenti, nella patria di Piero Cappuccilli, la limpida finezza e la potente autorevolezza vocale del grande baritono scomparso nel 2005, Alberto Gazale ci ha accolto con grande affabilità nel suo camerino, invitandoci poi a cena in occasione del suo compleanno. Un privilegio inaspettato per i suoi fan più affezionati che ci ha permesso di chiacchierare con lui con calma, di ascoltare il suo parere sulla sua professione e sul mondo della lirica e di rivolgergli anche qualche domanda.

 

 

Vendetta, tremenda vendetta!

Secondo lei in che condizioni è attualmente la situazione della lirica italiana?

Temo che in queste condizioni potrà durare ancora ben poco, e molti sono i fattori che determinano la situazione attuale: da un lato sicuramente c’è la mancanza di fondi e il continuo taglio delle risorse; un altro aspetto di cui, però, i direttori artistici dovrebbero tener conto, è la popolarità di uno spettacolo. Certo, per i grandi appassionati può risultare talvolta anche più interessante l’allestimento di un’opera poco conosciuta, ma questa non attira il grande pubblico e, inoltre, non si riesce poi a vendere la produzione ad altri teatri. A volte per incompetenza o sopravvalutazione sono stati spesi molti soldi per opere che il pubblico ha accolto con freddezza.

Una sua eccezionale interpretazione del personaggio di Nabucodonosor sia per il canto sia per la recitazione


A suo parere esistono ancora delle voci promettenti nel panorama italiano?

Io spero di sì anche se in Italia avremmo bisogno di più scuole di canto e, soprattutto, di bravi insegnanti. Difficilmente un cantante non molto abile può diventare un grande insegnante, ma purtroppo, può anche capitare di trovare chi non sa trasmettere le proprie capacità ad altri e chi non si sente portato per questa attività. Può capitare che anche grandi interpreti non si dedichino poi all’insegnamento, una volta conclusa la carriera di cantanti. E questo è decisamente un peccato. Voci giovani ce ne sono anche, ma talvolta difettano di insegnanti, come ho avuto modo di constatare proprio ieri a Sirmione.
 
Di che manifestazione si è trattato?
Mi hanno chiamato per scegliere insieme alla giuria del concorso voci nuove per la lirica «Lina Aymaro», i vincitori del premio che consisteva in 5 borse di studio di cui 4 di 2000 euro e una di 4000 euro per tre anni, destinate a cantanti promettenti e molto giovani. Abbiamo cercato di dividere i fondi messi a disposizione tra i diversi tipi di voci scegliendo, in linea di massima, un basso, un baritono, un soprano ecc. Hanno partecipato alla selezione anche diversi giovani stranieri, ma, in gran parte, sono stati premiati i concorrenti italiani, segno che anche nel nostro paese ci sono concrete possibilità di avere nuove leve nell’ambito della lirica. E’ stato molto difficile scegliere tra i ragazzi, perché si trattava di distinguere anche in prospettiva, cercando di stabilire chi avrebbe potuto essere più ricettivo e avere migliori potenzialità di maturazione. E’ stata un’esperienza molto interessante.
 
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Certo che il cantante lirico è sempre in qualche modo in balia della sua voce, che è uno strumento molto delicato…

Diciamo che nel nostro ambiente ci sono due tipi di cantanti: le voci sovrumane, quei talenti eccezionali che nascono già con uno «strumento» nella gola completamente formato e pressoché perfetto, e poi ci sono i cantati ben dotati, ma comunque più comuni i quali costruiscono la voce con un lungo studio.
 
Può farci un esempio?
Uno degli esempi più famosi è Carlo Bergonzi, il mio maestro, il quale aveva una voce bellissima e molto versatile, ma costruita anche molto con lo studio.
 

Mentre la serata va avanti e si sta amabilmente chiacchierando con Alberto Gazale – che ormai molti critici considerano l’erede più autorevole delle grandi voci liriche del passato – arriva per un saluto e per gli auguri, anche Claudio Sgura, il baritono del secondo cast, voce interessante e interprete sempre più promettente del repertorio verdiano. E’ preoccupato, nonostante la buona prestazione personale, perché nella recita del secondo cast c’è stato qualche problema e il pubblico pare non sia stato tenero soprattutto con il tenore…

Cogliamo la palla al balzo per chiedere un parere proprio a Gazale.


Secondo lei un cantante se ne accorge quando canta male?

La brillante interpretazione di Iago nell’Otello

Sì certo che se ne accorge, il fatto è però che qualche volta spera di poter portare a termine dignitosamente lo spettacolo anche se fin dalla mattina si accorge che quel giorno la voce manca. E perché questo accada non è sempre facile da stabilire. Di sicuro valgono ancora le care vecchie regole ricordate dai maestri: niente ore piccole o stravizi, non si deve parlare, o parlare comunque poco il giorno prima dello spettacolo, e lavorare sempre con costanza e abnegazione.
Insomma, la leggenda sui cantanti lirici, i quali sarebbero quasi degli asceti dediti anima e corpo alla Musa Polimnia, almeno in parte è vera…
Certamente, se si vuole mantenere la propria voce ci vuole molta cura, attenzione e altrettanto lavoro. Inoltre, per essere sicuri di offrire delle prestazioni sempre di alto livello al pubblico non si deve strafare: inutile eseguire ruoli che non sono nelle proprie corde o lo sono in tono minore. Per esempio, io mi sento soprattutto un baritono verdiano. Inutile, a mio parere, anche se spesso me lo hanno chiesto, presentarmi nei grandi teatri con ruoli che non mi si addicono appieno come quello di Scarpia nella Tosca o di Escamillo nella Carmen. Meglio evitare di voler fare tutto. Si può avere un repertorio comunque vasto, ma su un genere più circostanziato. Io, come dicevo, tendenzialmente sono un verdiano.
 
Già come a gennaio quando proporrà alla Scala il Rigoletto in cui le recite saranno suddivise tra lei e Leo Nucci… Dovremo venire a vedervi entrambi…
E’ un onore per me questa alternanza con un grandissimo della nostra lirica. Poi io tengo particolarmente al personaggio di Rigoletto che ormai è diventato parte di me da quando l’ho interpretato in una storica edizione con Riccardo Muti nel 2000, debuttando a Tokio e poi alla Scala e che ho riproposto quest’anno a ottobre negli spettacoli del Maggio Musicale Fiorentino. E’ un personaggio che sento molto e che mi ha sempre dato grandi soddisfazioni. Allora ci vediamo alla Scala!

Alberto Gazale nel Rigoletto al Maggio Musicale Fiorentino ottobre 2009

 
In attesa di vedere Alberto Gazale all’opera nella veste del più tragico ed eccezionale buffone di corte della storia del teatro, siamo ormai al brindisi finale: Tanti auguri Alberto, e tanti complimenti sia per la bellissima voce che per la spontanea, autentica umanità.
 
 
 

                                                Rossana Cerretti e Marco Sonaglia

 



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