Recensione: SCACCO AL RE – Il suicidio della coscienza moderna in “Finale di partita” di S. Beckett

28 02 2009

Per il Branciaroli fans club di Facebook, ho rispolverato questa recensione di  "Finale di Partita" di S. Beckett, scritta nel 2006 quando lo spettacolo è stato presentato dal Teatro degli Incamminati a Brescia.

Ho cercato di spiegare l’approccio di Branciaroli al testo di Beckett e anche le sue diverse possibili interpretazioni. Spero vi piaccia.

Lo scenario è da catastrofe post-atomica: una guerra suicida è scoppiata e il mondo è finito oppure è stato un uomo solo, un folle dittatore a promuovere l’intera distruzione del genere umano. Così Samuel Beckett, maestro del teatro dell’assurdo, immagina la definitiva scomparsa dell’umanità nel suo Finale di partita, presentato il 19 febbraio scorso (2006) al Teatro Sociale di Brescia dalla Compagnia degli Incamminati per la regia di Franco Branciaroli.
Solo il deserto regna intorno ad un bunker in cui gli ultimi sopravvissuti si sono rifugiati. Tutto è grigio, comprese le pareti che li circondano e anche il mare è senza onde, è fatto di piombo, intorno c’è solo sabbia. Anche gli esseri naturali, animali e piante, sono scomparsi.
I quattro sopravvissuti Hamm Clov, Nagg, Nell hanno nomi storpiati e simbolici. A cominciare proprio da Hamm (storpiatura di Hamlet), il re, vecchio, cieco e paralitico, inchiodato sulla sua sedia a rotelle, il quale governa il suo servo Clov stupido, privo di memoria e con una gamba di legno, che fa quel poco che c’è da fare con il poco rimasto. La coscienza dell’uomo moderno, quindi, con le sue domande è paralitica e cieca e può solo comandare al servo che probabilmente rappresenta la tecnica e la macchina.
Inoltre, sembra che sia stato proprio Hamm a decretare la fine del mondo, per odio della vita e per paura degli altri, sentimenti determinati anche dal suo essere un diverso. In realtà, la paralisi di Hamm è soprattutto un immobilismo interiore: è la paura di vivere e la convinzione che non ci sia nulla di buono nell’esistenza, ma, che, una volta nati, si entri inesorabilmente nel cerchio del dolore e della distruzione. La sua paralisi è il nichilismo della filosofia di fine Ottocento, ma le sue radici si trovano nella nuova scienza, soprattutto in Galileo, come sottolinea la presenza del cannocchiale. La scienza ha tolto all’uomo il suo antropocentrismo e ne ha fatto un essere insignificante vittima della natura.
Branciaroli sia nella regia sia nella recitazione aderisce perfettamente al testo di Beckett, valorizzandolo nelle sue molteplici sfaccettature e facendo apprezzare la complessità delle sue tematiche relative alla realtà dell’uomo.
Hamm ha spesso un fazzoletto che gli copre il volto come una salma ancor viva o come una sindone che sudi sangue, visto che il suo viso, come quello di Clov, è incredibilmente rosso. Il rosso allude forse all’esposizione alla radiazione atomica, ma soprattutto, si tratta del sudore di sangue dell’infelicità esistenziale assoluta dell’uomo, disancorato da se stesso: un cieco che brancola nel buio della negazione. Un ridicolo Prometeo che nonostante la sua miserabile condizione, si ostina a considerarsi al centro della terra e del cosmo, in una disperata e fallace affermazione di potere.
In scena da una parte ci sono poi due bidoni della spazzatura, nei quali vegetano Nagg e Nell, il padre e la madre di Hamm, senza gambe, caduti dal tandem sulle Ardenne, a Sedan, battuta di feroce sarcasmo contro la guerra franco prussiana e il primo conflitto mondiale. Essi ricordano i due protagonisti di Giorni felici: vorrebbero amarsi, ma le loro menomazioni li hanno resi egoisti e sciocchi come bambini.
Nel bunker si vivono gli ultimi giorni di tutti, ma forse proprio perché sono gli ultimi, vengono trascorsi come giorni qualsiasi; il padrone litiga con il servo, il servo con il padrone, i genitori con il figlio. Si spera di dormire un po’, anzi, di dormire sempre. Una delle battute ricorrenti di Hamm è appunto la continua richiesta delle «sue medicine», anche se è sempre troppo presto per prenderle.
Sorgono poi conflitti interiori: per esempio il servo non sa se abbandonare il padrone e andarsene oppure restare. Egli rappresenta il popolo sottoposto ad una dittatura, il quale fino alla fine non ha mai il coraggio di contestare il despota anche se quest’ultimo lo sta portando alla totale rovina.
Infine, con la comparsa di un bambino fuori dal bunker, il servo sembra deciso ad andarsene, ma non si muove, altrimenti il padrone lo sentirà e lo convincerà ancora a stare con lui. In questo campo appare anche Dio, nelle fattezze di un cane a tre gambe e con tre occhi, è di pezza, poiché si tratta di una creazione puramente umana e per giunta non è ancora finito. E’ un dio comodo, pregato da chi ha distrutto l’umanità, da chi non l’ha impedito e da chi in lui non crede, ma tutti si stupiscono, poi, di non trovarlo.
Del resto, tutta la realtà è frutto semplicemente di affabulazione ed assume consistenza solo nella narrazione: è l’uomo stesso che la rappresenta per sé, perché, in definitiva, ciò che sappiamo del mondo è un fatto puramente mentale. In verità, la realtà semplicemente non esiste e se guardassimo oltre le apparenze e le maschere troveremmo solo il nulla.
Non soltanto il luogo dove è ambientata l’opera è claustrofobico, ma anche l’atmosfera generale di repressione continua e sistematica della vita. Ad un certo punto, infatti, giunge il momento in cui Hamm deve raccontare la storia, perché ormai la storia si crea raccontandola più che «agendola», proprio perché anch’essa è vuota, non ha consistenza. Hamm racconta la storia del servo che egli avrebbe raccolto dalla strada con la promessa di farlo diventare giardiniere; una menzogna, ovviamente, considerando che poi la natura è stata completamente sterminata. In cambio, però, Clov ha dovuto abbandonare suo figlio, il suo bambino, nonostante abbia scongiurato inutilmente Hamm di non farlo. Scopriamo allora che quest’ultimo ha anche ucciso il dottore, quindi la scienza o la psicanalisi e Mother Pegg «di oscurità» perché non le ha dato olio per la lampada, metafora biblica per indicare, probabilmente, la speranza.
Branciaroli interpreta Hamm in modo molto originale, riproducendo la voce italiana dell’ispettore Clouseau: un investigatore fallito, cioè un investigatore cieco e immobile. Un re Sole in disarmo, un Napoleone a Sant’Elena nell’ultimo giorno, ma stizzoso come una vecchia zitella e sicuro ancora del proprio potere che sfoggia con superomismo ridicolo.
Come un despota antico o moderno (Hitler) egli distrugge in maniera scientifica ogni probabile o improbabile oggetto di resistenza, fosse pure un topo o una pulce. Il re deve sterminare con cura ogni forma di vita creando una «soluzione finale» per tutto il genere umano. La vera malattia, infatti, è la vita stessa e il vero problema è la nascita: Hamm a più riprese insulta duramente suo padre accusandolo di averlo messo al mondo per la sua libidine. A suo avviso, l’unico modo per eliminare l’infelicità del genere umano è la sua distruzione finale, la sua totale scomparsa.
Eppure il protagonista si trova a immaginare la natura, perché essa, pur essendo la fonte di tutte le illusioni, è anche l’elemento che può determinare almeno alcuni attimi di ingannevole felicità nell’uomo. Lo sterminio della natura è quasi peggiore, quindi, della stessa distruzione dell’essere umano.
Si avverano così in quest’opera, tutti i presentimenti dell’uomo moderno e della sua incapacità nichilistica di trovare un senso alla vita: dalla coscienza di Hamlet si passa alla coscienza-prosciutto di Hamm, dal cannocchiale di Galileo e dalla scoperta di molti mondi in movimento, ci si trova al centro soltanto con una coscienza cieca e paralitica, perché i punti di riferimento sono completamente saltati. Sono interessanti anche i rapporti dell’uomo con la donna, la quale, impersonata dalla madre (Nell) essendo in Beckett portatrice di vita, è la prima a perire, ennesima vittima del nichilismo maschile.
Si concretizza ciò che Leopardi e Svevo avevano profetizzato (Beckett, infatti, era un appassionato lettore del poeta dell’Infinito): l’uomo attraverso le sue follie affretterà la sua stessa fine, gli imperi scoppieranno come bolle, e un uomo solo un po’ più folle degli altri si porrà al centro della terra, e con un ordigno di potenza inaudita la libererà da tutti i suoi parassiti… Beckett si spinge oltre e distrugge completamente anche la natura.
Sembra quasi che ipotizzi in quest’opera un finale diverso della seconda guerra mondiale, nel caso in cui Hitler o un altro dittatore come lui avesse vinto e si fosse impossessato di tutto il pianeta. In altre parole, secondo Beckett si sarebbe, di fatto, suicidato distruggendo ogni cosa.
Anche il bambino che viene avvistato non avrà secondo Hamm un destino diverso: alla fine, se esiste, o morirà lì fuori o arriverà a quello stesso bunker; quindi la storia si perpetuerà come ha sempre fatto fino a quel momento, con tutti i suoi orrori e la sua cieca disperazione.
In realtà, il bambino non muore e continua a giocare, perciò Beckett sembra affermare che questa visione del mondo è sbagliata o potrebbe esserlo.
Da questo punto di vista l’opera può essere anche considerata come il suicidio della coscienza umana e del suo scetticismo.
La forza del testo di Beckett viene esaltata dalla recitazione di Branciaroli e di Tommaso Cardarelli, a causa del contrasto tra la gravità tragica di ciò che viene enunciato e il tono ironico, sarcastico e ridicolo della rappresentazione. Lo stridente chiaroscuro tragi-comico, come spesso avviene nei personaggi di Branciaroli, esalta la forza del testo e favorisce la comprensione profonda del sottotesto.

RIFERIMENTI E ULTERIORI INTERPRETAZIONI DELL’OPERA

In quest’opera di Beckett si incrociano e si sovrappongono diversi piani di lettura, per esempio risulta evidente il rapporto con Il signor Puntilla e il suo servo Matti di Brecht, sulla dialettica servo-padrone, ma in questo caso Beckett vuole dimostrare che finché il popolo si sentirà inferiore a qualcuno e bisognoso di essere indirizzato, la sua ignoranza verrà usata dal potere. Non potrà sconfiggere i ricchi, i detentori del potere da troppo tempo, finché si riterrà incapace di pensare e bisognoso di un capo.
Infatti al servo viene dato nome Clov che probabilmente è tratto dall’epiteto usato nell’Ulisse di Joyce «cloved» spaccato, tagliato, per indicare il sesso femminile. Il popolo, come diceva lo stesso Hitler si comporta come una donna: «Chi non comprende il carattere profondamente femminile delle masse non sarà mai un oratore efficace. Rifletti: che cosa si aspetta una donna da un uomo? Chiarezza, decisione, forza ed azione..[.]. »
Hamm invece, sarebbe un Hamlet diventato Ham cioè prosciutto, sempre, quindi, utilizzando il sarcasmo per evidenziare il degrado della coscienza umana, infatti viene sottolineato più volte che nel bunker si sente puzza di cadavere.
Per ideare l’ambientazione della sua opera Beckett ha usato una famosa acquaforte di Albrecht Durer cioè «Melencolia 1», la quale raffigura la conoscenza «saturnina» cioè in qualche modo votata alla distruzione. Come dalle due piccole finestre del bunker, anche qui vediamo sullo sfondo il mare e la terra; troviamo poi la presenza del cane e del bambino, la clessidra che diventerà sveglia, e il campanello che diverrà il fischietto. Infine troviamo un quadrato matematico, una sorta di scacchiera, come allude il titolo dell’opera: il finale di partita è in questo caso uno stallo, nel quale alla fine il re stesso sancisce la propria incapacità di muoversi dopo che quasi tutti i pezzi si sono sacrificati per la sua salvezza (o per il suo interessi?).
Non riesce a muoversi, ma è il pezzo più importante, senza di lui la partita sarebbe persa.
Il servo è la regina, il pezzo più potente, ma di questa potenza sembra essersi accorto solo Hamm, perciò non può ribellarsi. I due individui sono inconciliabili e allo stesso tempo indivisibili. I genitori sono i pedoni, deboli, ma tra i pochi pezzi rimasti, assumono grande importanza e quando il re li perde, prova quasi paura.
Il bunker, però, con le sue due finestre poste molto in alto, potrebbe essere considerato anche come l’interno di un teschio con due globi oculari.
In questo caso Hamm sarebbe l’io che pensa, ma essendo cieco e paralitico, le sue idee sono distorte.Il servo è l’io che agisce, o meglio obbedisce all’io che pensa. I genitori sono il super-io, l’educazione monca e gettata via.


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