ISRAELE – DIARIO DI VIAGGIO – 9. JERUSALEM – La città santa delle tre religioni

29 08 2012

Ancora grotte, palmeti, deserto, lungo la strada tra Gerico e Gerusalemme, dove nella famosa parabola di Gesù il Samaritano ebbe pietà di colui che era stato ridotto in fin di vita dai briganti. Poi ecco dei campanili in lontananza, uno ha un’aria familiare: devo averlo già visto in qualche foto prima di partire. Passiamo sotto un tunnel: “Chiudete gli occhi e non riapriteli finché non ve lo dico!” ci ordina la guida.
“Ecco! Ora!” Al di là della galleria ci investe il meraviglioso bagliore dorato della Cupola della Roccia e davanti a noi c’è Gerusalemme, ancora cinta delle sue antiche mura, fiorita di cupole, campanili, minareti, marmi, luminosa di pietra chiara tipica dei suoi antichi palazzi. La spianata delle moschee e là, proprio davanti a noi, più al centro le cupole del Santo Sepolcro, le mura antiche della città crociata e musulmana che somigliano a quelle di Istanbul. E’ da allora che è cominciato il mio viaggio per arrivare qui. Avevo detto che sarei tornata da te e sono qui alle tue porte, dove è cominciato anche il viaggio di Dante e quello di tutti. Per me eri il luogo del cuore, del mistero e del silenzio. E adesso ti vedo con i miei occhi. La città delle città, il luogo più sacro e il più difficile.
Queste mura hanno visto padroni e conquistatori, da Erode il Grande ai Bizantini, poi i crociati e il Saladino, fino al restauro voluto da Solimano il Magnifico. Eppure sono ancora qui, mute testimoni del vano orgoglio degli imperi e della persistenza del divino.
Subito ci incamminiamo verso il Monte degli Ulivi dove ancora esistono piante plurisecolari dai tronchi ritorti e magnifici. Mi offrono un rametto di ulivo che conserverò. In questo luogo, come spesso capita in Terrasanta, si incrociano tanti racconti ed episodi legati al Cristianesimo: ovviamente la famosa preghiera di Cristo nel Getsemani, il sonno dei discepoli, il sudore di sangue; ma qui, poco lontano c’è anche la Chiesa del Pater Noster dove Gesù avrebbe insegnato ai discepoli la preghiera delle preghiere. E poi c’è la cappella crociata dell’Ascensione che contiene la pietra dalla quale Cristo sarebbe asceso al cielo. Oggi fa parte di una moschea, che comunque i musulmani conservano religiosamente. E poi c’è la chiesa ortodossa russa della Maddalena, che ricorda l’episodio del Noli me tangere, e, ancora, la chiesa di Santo Stefano, sempre ortodossa, che ricorderebbe il luogo in cui il primo martire, Stefano sarebbe stato lapidato. Infine, veramente bellissima, la Chiesa della Tomba di Maria, da dove la Vergine sarebbe stata assunta in cielo dopo la Dormitio. Tutto è sacro qui, tutto parla, tutto ricorda.
Per l’ingresso a Gerusalemme la nostra guida ci fa mangiare pane e vino secondo un’antichissima tradizione che risale all’epoca di Abramo:
Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sodoma gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. Intanto Melchisedec, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abramo con queste parole: Sia benedetto Abramo dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici”.
Pronuncia poi una benedizione che si usa anche per ringraziare Dio delle primizie della terra.
“Beato Te nostro Dio, sovrano dell’universo che ci hai concesso la vita, sostenuto noi e ci hai permesso di raggiungere questa occasione”

Una tradizione quella dell’offerta di Melchisedec che, in epoca bizantina, è stata considerata una prefigurazione vetero testamentaria dell’Eucarestia, come possiamo vedere spesso nei mosaici (mi vengono in mente Sant’Apollinare in Classe e San Vitale).
Sotto la collina sorge un antico cimitero ebraico di circa tremila anni, perché la zona è sempre stata fin dall’antichità un luogo di sepoltura, dal momento che si trovava di fronte al Tempio. Attualmente, però, le tombe sono recenti essendo state distrutte più volte dai musulmani. Quello che veramente colpisce di questa città è proprio il fatto che, pur avendo radici antichissime, spesso le costruzioni sono moderne perché tutto è stato vittima di una furia distruttiva senza precedenti dovuta alle diverse popolazioni che si sono avvicendate. E’ molto triste tutto ciò eppure questa è la situazione comune a tutta la regione tra Israele e Palestina, una situazione di violenza, di strage e di rovine che non finisce mai.
Davanti a noi nelle mura c’è una porta chiusa, la Porta Aurea dalla quale, secondo la tradizione, sarebbe entrato Cristo per recarsi direttamente al Tempio venendo da Betania, che è un piccolo villaggio appena dietro il Monte degli Ulivi. Da qui dovrebbe, secondo gli ebrei, entrare il Messia che ancora deve venire, mentre per i cristiani passerà nuovamente da quella porta nel Secondo Avvento alla fine dei tempi.
Sia gli Ebrei sia i Cristiani sono comunque convinti che quando il Messia passerà da quella porta ci sarà la resurrezione dei morti: infatti gli ebrei si sono fatti seppellire proprio qui davanti da millenni per essere i primi a vederlo in modo che subito si avveri la profezia di Ezechiele:
“La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt’intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell’uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.”
Questa profezia per gli Ebrei è legata anche a Masada, perché le tante ossa inaridite sono state messe in relazione con gli ultimi eroici combattenti per l’indipendenza di Israele, resuscitati oggi con il ritorno del popolo nella propria terra di origine. Immagine celebrativa certo, ma pur sempre affascinante, che si basa tra l’altro, sul fatto che sotto il pavimento della sinagoga posta all’interno della fortezza è stato proprio trovato un manoscritto con questa profezia di Ezechiele.
Per impedire il passaggio di un eventuale Messia, ci dice la guida, i musulmani hanno chiuso la Porta Aurea e poi non l’hanno più riaperta. In realtà non è proprio così. Probabilmente fu chiusa dai crociati per motivi di sicurezza e poi Solimano il Magnifico nel XVI secolo, quando ristrutturò le mura, non la fece più riaprire.
In ogni caso, dopo questo momento di meditazione ci confrontiamo di nuovo con guerre e divisioni vere o presunte e con chi soffia sul fuoco delle polemiche… peccato. Questa città meriterebbe maggiore rispetto e saggezza.
Da questa collina i crociati contemplarono la città per la prima volta, mentre là davanti a noi scorgiamo la chiesa della Dormizione della Vergine sulla collina di Sion, dove si appostò Raimondo si Saint Gilles; vicino al luogo del martirio di Santo Stefano, cioè ai piedi della collina, si accamparono Roberto di Fiandra e Roberto di Normandia, mentre Tancredi d’Altavilla sistemò i suoi uomini proprio davanti al Santo Sepolcro e Goffredo di Buglione completò l’accerchiamento davanti alla Porta di Giaffa. Qui il genovese Guglielmo Embriaco smantellò le proprie navi per farne torri di attacco contro le robuste mura che non volevano cedere.
Oltre la Porta Aurea si scorge la Porta dei Leoni dove secondo la tradizione ci sarebbe stata la casa di Sant’Anna e Gioacchino.
La città vecchia è divisa in quattro quartieri: a sinistra armeno e ebreo, a destra cristiano e musulmano.
Giungiamo alla Basilica dell’Agonia o di Tutte le Nazioni – tenuta, anche qui, dai Francescani – che ricorda la drammatica preghiera nell’Orto del Getsemani e il sudore di sangue di Cristo; anche in questo caso sulle rovine bizantine e crociate si innalza una costruzione del secolo scorso di una certa suggestione, edificata dall’onnipresente Antonio Barluzzi negli anni Venti. Entriamo. Stanno leggendo il brano del Vangelo riferito a quella notte di preghiera e di disperazione che precedette l’arresto di Gesù. L’emozione è palpabile, sarà perché l’esperienza del dolore accomuna effettivamente tutti gli uomini. Se solo ci fosse la coscienza di ricordarlo e farne motivo di compassione comune e non solo di rabbia.
Si può vivere secondo la natura oppure secondo la grazia… L’albero della vita, grande film.
Usciamo alla luce dopo la penombra di marmi e mosaici e ci dirigiamo alla Tomba di Maria, custodita dai monaci greco-ortodossi; in origine era la cripta di una chiesa prima bizantina e poi crociata che fu distrutta dal Saladino, però le strutture scavate nella roccia sono conservate e risalgono al V e XI secolo. Un luogo sotterraneo di grande suggestione dove si trova anche la tomba della regina di Gerusalemme Melisenda moglie di Baldovino II e le cappelle dedicate a Gioacchino, Sant’Anna e S. Giuseppe. Quella della Dormizione della Theotokos è una tradizione molto importante per gli ortodossi che la festeggiano con una solenne processione il 27 agosto, corrispondente al nostro 15 agosto, seguendo l’antico calendario giuliano. In quest’occasione si porta per le vie di Gerusalemme verso la chiesa della Tomba di Maria l’icona raffigurante la Vergine dormiente. Successivamente le celebrazioni si concludono con un’altra processione dalla chiesa del Getsemani fino alla sede del patriarcato di Gerusalemme il 5 settembre per riportare indietro l’icona avvolta in un sudario.
Secondo la tradizione questo sarebbe il luogo dove la Vergine sarebbe stata deposta dopo la morte prima di essere assunta in cielo, poiché la tomba sarebbe stata trovata vuota. C’è però un piccolo problema: se la Vergine andò ad Efeso con San Giovanni come è possibile che sia morta a Gerusalemme? Le tradizioni si incrociano e non collimano… Ma ci troviamo in un luogo di memoria collettiva molto importante, dove Maria visse e probabilmente passò e questo è già molto emozionante. Scendiamo giù dalle lunghe scale in compagnia di un vecchio starec e ci avvolge la tipica atmosfera delle chiese ortodosse: un’oscurità mistica illuminata solo da lampade e candele. Vediamo molti fedeli e donne velate come si usa nella Chiesa dell’Est, che baciano le icone e si inchinano assorti in preghiera; ci sono moltissimi Russi qui a Gerusalemme, e tutti visitano i luoghi santi della loro tradizione. Peccato che orientali e occidentali siano divisi, questa distinzione non la capisco proprio e in fondo è solo dovuta al primato del Papa, che nella Chiesa delle origini non esisteva, visto che era divisa in patriarcati; per il resto non ci sono altri veri motivi in fondo, si tratta solo di differenze marginali. Quello che si vede è una fede ammirevole da parte dei Russi, come ho avuto modo di notare quando sono stata nel loro Paese e come posso constatare anche qui. Per me sono eccezionali e di esempio per tutti. Tra l’altro dimostrano che tutte le sciocchezze ripetute fino alla nausea sul fatto che socialismo e cristianesimo sarebbero incompatibili si smentiscono da sole, proprio con l’atteggiamento di questo popolo prima e dopo la caduta del regime. Del resto anche cristianesimo e capitalismo sono incompatibili e, credo, molto di più, vista l’ignobile schiavitù del denaro e del profitto a cui siamo sottoposti quotidianamente.
Noto che molti fedeli accendono le candele con il fuoco del luogo sacro per poi spegnerle e conservarle. Saranno riaccese durante le feste più importanti o quando si dovrà chiedere qualche particolare grazia.. Lo faccio anch’io. Non credevo che tenere in mano questo piccolo fuoco fosse così commovente, mi dispiace quasi spegnerlo. Porterò con me questa candela, nonostante la difficoltà di trasporto visto che rischia facilmente di rompersi. Ne prendo un’altra anche per mia cognata che è russa e sta aspettando un bambino. Sono sicura che le farà molto piacere.
Dentro la chiesa sotterranea c’è una piccola cappella e qui, inchinandosi per entrare, si accede nel luogo dove si conserva la pietra ove si dice fu deposto il corpo di Maria. Sull’altare che sovrasta la teca della reliquia c’è una preziosa icona dorata che raffigura la Dormizione. Non me ne importa niente se sia vero o no. Conta molto di più ciò che rappresenta: le ossa inaridite che rivivono, lo Spirito chiamato dai quattro venti che torna su di loro. “L’ho detto e lo farò. Oracolo del Signore Dio”.
E adesso entriamo in città dalla cosiddetta Porta dei Magrebini o dell’Immondizia perché nell’antichità c’era davvero un deposito di rifiuti, e ci dirigiamo verso il Muro del Pianto in mezzo a coppie di poliziotti israeliani armati fino ai denti, passando l’ennesimo check point, che ci fa rientrare nell’amara realtà di questa terra. Però siamo troppo presi dall’emozione per pensarci. Prepariamo il nostro bigliettino con il desiderio da esaudire e siccome si rivolge a Dio chiedo davvero qualcosa di quasi impossibile: che qui le cose si risolvano per il meglio. Perché questo popolo così martoriato ne ha un bisogno assoluto, nonostante i suoi errori ed eccessi. Solo un miracolo, però, può cambiare le cose. Con le spalle coperte da uno scialle in segno di rispetto mi avvicino al muro dalle grandi pietre: l’accesso è diviso per sessi, a destra le donne a sinistra gli uomini, ma questa sera non ci sono molti praticanti né uomini né donne perché è giovedì, mentre lo shabbat si festeggia di venerdì sera. Tutti poggiano le mani e la fronte sulle pietre. Tutti cercano qualcosa, chissà che cosa, ma questa pare essere la legge di ogni essere umano, credo che molti non sappiano bene perché sono qui eppure ci sono. Alla fine c’è sempre qualcosa da chiedere e molto da capire. Il cuore dell’uomo non vuole essere solo, non sa essere solo: ha sempre bisogno di un tu con cui dialogare. E qui davanti a questo muro, che in realtà non era neppure il muro del secondo Tempio costruito da Erode il Grande, ma solo quello del bastione esterno della spianata su cui sorgeva, si sentono tutte le domande, tutte le vite, tutta l’energia che sta alla base del cosmo e del nostro essere. Se solo si potesse capire o meglio sentire che essa non esiste divisa dagli altri e che dire “noi” significa tutti e non solo il gruppo chiuso a cui si appartiene, forse molte cose cambierebbero in questa terra.
E qui paradossalmente, dove sembra che non c’entri nulla, penso al Dalai Lama, alla sua saggezza su questo argomento, alla negazione del sé individuale come qualcosa di esistente: un concetto difficile da digerire per noi occidentali, ma qui si sente l’unità di cui ci parlava nelle sue ultime lezioni a Milano e soprattutto sarebbe provvidenziale essere coscienti dell’origine comune, anziché accentuare le differenze artificiose che abbondano qui.
Mentre usciamo dalla porta dei Magrebini per andare a cena, sentiamo suonare lo shofar, il corno di ariete e poi tamburi di danza: scopriamo così che si tratta della festa per un matrimonio. In effetti questo è un aspetto particolare della cultura ebraica, perché la danza, talvolta anche piuttosto sfrenata, ha un valore rituale molto importante, come ricorda anche il famoso episodio biblico del re Davide che danzava davanti all’Arca dell’Alleanza.

Alla sera dopo cena si cambia decisamente atmosfera: si va nel quartiere di Mamilla, fuori della porta di Jaffa, dove tutti si divertono e girano nei locali perché il giovedì sera è come il sabato sera per noi. Lo shabbat, come dicevo, si festeggia a partire dal venerdì sera, dal momento che l’inizio del nuovo giorno si considera dal tramonto del sole e che durante la festa non si può assolutamente fare nulla che non sia di carattere religioso.
Camminiamo in mezzo ad una marea di ragazzi seduti ai tavoli o a gruppetti per strada, tra allegria, musica e bevute, in una specie di rito liberatorio collettivo. Certo che questa terra ha veramente molte facce e non finisce mai di sorprendere. Passiamo per le vie del quartiere dai negozi eleganti con molte gioiellerie, come al solito, pieno di luci e di spensieratezza. Anche se tutte queste vetrine una dietro l’altra luccicanti di oro e diamanti mi sgomentano un po’…


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