LA DOLCE FOLLIA DI GIOVANNI ALLEVI

26 12 2008

 2 Luglio 2008

 Giovanni Allevi

Ieri sera a Brescia una piazza del Duomo gremita ha accolto la timidezza giocosa di Giovanni Allevi mostrandoci una personalità che trova nella musica il suo linguaggio e la sua forza, la potenza gentile di un atto creativo puro, frutto della coscienza. Quando si tratta di questo compositore e interprete, sembra che le note nascano direttamente dalle sue mani, siano un’emanazione del suo sguardo sul mondo e si liberino quasi per incanto, mentre lui, chino sul pianoforte, appare intento e sopraffatto da questo dialogo esclusivo con la stessa entità fisica dello strumento, la cassa, i martelletti, le corde, i tasti bianchi e neri. Così vivo e personificato che Allevi, dopo i primi brani, si alza e batte amichevolmente sulla vernice lucida, come si darebbe una pacca sulla spalla ad un amico fedele che ancora una volta non ci ha deluso.
Ecco chi è questo marchigiano che ci appare eternamente giovane al pari della sua musica e  qualcuno saluta come una specie di Mozart redivivo. Di sicuro si ha la sensazione che la sua mente sia capace di pensare solo con i suoni e le armonie e che anche le parole e i concetti gli appaiano riduttivi. A volte sembra di sentirli, gli echi di quelle parole non dette, sottese tra le note come dialoghi continui e misteriosi con l’infinito e la divinità, con un amore o, semplicemente, con l’umanità in quanto tale e con la meraviglia della natura. C’è sempre uno stupore che sembra nascere da un’ingenuità fanciullesca, come se l’autore stesse contemplando il mondo per la prima volta e fosse sempre appena nato alla vita. In realtà, intuiamo che questa felicità espressiva, invece, è frutto di una continua rinascita, un’aurora che gli fa sempre presagire il respiro primigenio del mondo. E’ la straordinaria magia della sua capacità di seguire la corrente, lasciarsi portare dalla vita per scoprirla, in ogni sua forma tragica o gioiosa, nella consapevolezza che ci sia sempre un oltre da guardare e un eterno da liberare perché voli leggero là da dove è giunto al primo palpito.
Se i brani per pianoforte solo quasi scandiscono la storia della sua coscienza anche nelle minute quotidianità, le opere per orchestra appaiono costruite con una solidità e una varietà sonora forse perfino inaspettate. Tra queste il "dittico" 300 anelli, è forse la più ammirevole e matura, dove il dialogo con l’albero pluricentenario si fonde con la forza profonda e affascinante di una Natura che sa e conosce anche il mistero umano. Molte sono le domande che vorremmo porle sul nostro destino, ma forse, la superiore saggezza dell’albero ci invita, ancora una volta, a seguire la corrente e a fare della nostra debolezza la nostra forza.
Sia detto per inciso: ieri sera nel cielo bresciano c’era aria di temporale, ma il "fuoco di Zeus" ha incorniciato soltanto i suoi riccioli scomposti da un vento musicale appena bagnato dall’eco argentino di una antica fontana. Non una sola goccia di pioggia è caduta. Così questo giovane "fatato", quasi Dioniso inebriato della sua stessa melodia, ha saputo incantare anche la tempesta….