BETRAYAL – TRADIMENTI di Harold Pinter – regia di Fabio Banfo

26 12 2008

24 Dicembre 2008

Betrayal1Seduti al tavolino di un bar due ex amanti si ritrovano due anni dopo la fine del loro rapporto clandestino: ricorrono i soliti «come stai», «che fai adesso» intervallati da pause di visibile imbarazzo e da ricordi che non collimano, stesse storie raccontate in modi ben diversi.
Ogni ricordo sbiadisce come in una vecchia foto e si vive la strana sensazione che tutte le esperienze siano sempre in bilico tra realtà e immaginazione. Ogni traccia rimane come nella memoria di un ubriaco, vacillante, piena di lacune e forse inventata, magari «riveduta e corretta». Sono amnesie provvidenziali che permettono di continuare a vivere, ma documentano efficacemente quell’insostenibile leggerezza che consente di passare dall’intimità di una vita a due alla totale indifferenza anche dopo anni di convivenza o di assidua frequentazione.

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Questo è Tradimenti di Pinter presentato nei giorni scorsi al Teatro Olmetto di Milano per la regia di Fabio Banfo. E’ il dramma dell’impermanenza e della mancanza di memoria, della vita vissuta con il massimo della distrazione: si segue un certo percorso solo perché si è imboccata quella strada apparentemente unica. Poi qualche condizione esterna cambia, e allora ci si ricorda improvvisamente che «si tiene famiglia», che non si può continuare questa relazione clandestina, diventata ormai una vera e propria convivenza parallela con tanto di appartamento per gli incontri pomeridiani.
Ma se i personaggi tentano di dimenticare come sono andate davvero le cose, Pinter, implacabile come sempre, traccia un doppio anello temporale riportandoci indietro fino al momento in cui tale relazione era cominciata, cioè il giorno stesso del matrimonio di Emma, quando Jerry era stato il testimone di nozze del suo «migliore amico» Robert .
La regia di Fabio Banfo scandisce l’itinerario temporale con didascalie in scena che sottolineano ancora di più le colpevoli dimenticanze, le pietose bugie che i protagonisti raccontano, soprattutto a se stessi prima ancora che agli altri. Tra la chiave ironico- umoristica con la quale talvolta i testi di Pinter vengono interpretati e la visione drammatica e frustrante dell’incapacità dell’essere umano di restare fedele a qualsiasi cosa, il regista ha optato decisamente per la seconda, restituendoci un testo di grande chiarezza dove tutte le motivazioni sono ampiamente sottolineate e sviscerate dalla recitazione.
La vicenda, al di là della scansione temporale, assume però, anche aspetti archetipici delle dinamiche di coppia e potrebbe essere letta a se stante, senza seguire con esattezza la sua scansione temporale perché in essa Pinter ha voluto comunicare il fallimento del rapporto coppia nel suo complesso e tutti si possono riconoscere in questo o in quel tratto perché forse tutti, almeno una volta nella vita, hanno detto quelle stesse parole e frasi magari in circostanze diverse.
Si tratta di matrimoni borghesi destinati a naufragare in partenza forse ancora prima di cominciare e che sembrano basati fin dall’inizio sulla menzogna. Matrimoni a proposito dei quali vengono in mente le parole di Svevo nella Coscienza di Zeno: «Infatti si vive poi uno accanto all’altro, immutati, salvo che per una nuova antipatia per chi è tanto dissimile da noi o per un’invidia per chi a noi è superiore»; i due coniugi si scoprono sempre più estranei l’uno all’altra e incapaci di far collimare due individualità inconciliabili. I rapporti restano sulla superficie e perfino l’amante, in fondo, si cerca per noia.
Segno del malessere generale è il continuo ricorso all’alcool anche nelle situazioni che dovrebbero essere più felici, l’analgesico più facile quando si deve dimenticare che si sta tradendo, quando si vuole evitare di pensare.
Infine, quando ormai i sensi di colpa prevalgono, si scopre che nessuno è davvero vittima e che anche i rispettivi moglie e marito si sono dati un gran bel daffare anche prima che cominciasse la storia tra Jerry ed Emma.
Matrimoni minati dall’inizio quindi, che rappresentano solo facciate di comodo, ma che «servono» al punto che se il primo finisce si pensa subito ad un possibile rimpiazzo. Così si scopre che Emma ha cercato di nuovo Jerry a distanza di due anni solo perché messa ora alle strette dalla decisione del marito di lasciarla e dalla sua confessione di averla sempre tradita. Jerry, dal canto suo, di quella loro storia durata sette anni non ricorda poi un granché come se fosse a malapena esistita. E’ un ritratto impietoso della psicologia sia maschile sia femminile perché spesso le donne vengono prese dall’angoscia irrefrenabile di restare sole, mentre gli uomini si «distraggono» assai facilmente e mettono in opera i loro consolidati meccanismi di rimozione.
Così nella vita di ognuno resta solo un’amarezza vaga e un bicchiere di brandy.
«Betrayal» è prima di tutto l’epopea del tradimento di se stessi, dei propri sentimenti e delle proprie convinzioni e la bruciante scoperta dell’incorreggibile irrazionalità del vivere.

Fabio Banfo


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