ISRAELE – DIARIO DI VIAGGIO – 4. Kabbalah e ortodossia – L’apertura verso il mistero e l’ingombrante memoria

4 08 2012

Nei primi giorni in Galilea abbiamo pernottato in un hotel kibbutz molto noto in zona, gestito (inutile dirlo) da ebrei praticanti. Risultato: un andirivieni di uomini con cappelli e cappotti neri, barbe e lunghi riccioli che scendono dalle tempie; schiere di bambini che corrono e saltano popolano durante il giorno la hall insieme a giovani donne già con quattro o cinque figli, ma perennemente incinte. Io da parte mia comincio a chiedermi che differenza ci sia, a livello di mentalità, tra questi gruppi integralisti e i loro corrispettivi islamici e le risposte che giungono dalla realtà circostante non sono confortanti. Stessa intransigenza, stessa sensazione surreale di vivere fuori dal tempo e dalla storia. Eppure sono proprio gruppi come questi a rischiare di determinare l’andamento della storia e le sorti di interi popoli.

Spesso le donne, portano dei copricapi e delle cuffie con cui nascondono i capelli che ricordano molto da vicino quelli di certi quadri di Brueghel o di Vermeer. Alcuni degli uomini, dal canto loro, sfoggiano lunghe barbe rosse e pelle chiarissima: ma sono sicura di non essere finita nelle Fiandre nottetempo? Che strana sensazione di sfasamento temporale!

Il mondo degli integralisti ebrei è tutto in bianco e nero, come le loro certezze: neri i gonnelloni delle donne, lunghi fino ai piedi, come i cappotti degli uomini;bianche le camicie con frange incorporate o sotto le quali gli uomini portano un piccolo tallit (mantello) dotato di 4 lunghe frange due davanti e due dietro perché esse rappresentano i quattro punti cardinali e quindi il fatto che Dio è in ogni luogo, e vede ogni cosa. Questo per non dimenticare mai la Legge:“Avrete tali fiocchi [le frange del mantello] e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore per metterli in pratica”.

Esiste poi un tallit più grande con righe blu scuro che viene usato come un mantello vero e proprio per la preghiera.
Già che ci sono chiedo anche il significato dei famosi capelli che scendono in piccole lunghe ciocche di riccioli (in ebraico peot) in corrispondenza delle basette: secondo il Levitico e lo Shemah Israel (Ascolta Israele, preghiera e professione di fede) quei capelli non devono mai essere tagliati e sono consacrati a Dio (“Non vi taglierete in tondo i capelli ai lati del capo, e non ti raderai i lati della barba.”) anche perché rappresentano la presenza di Dio nella mente.

Il rapporto particolare con la scrittura e con il potere della parola è uno degli elementi più affascinanti dell’Ebraismo ed è ciò che ha permesso di mantenere inalterata la lingua biblica nel corso dei millenni, al punto che tra i famosi Rotoli del Mar Morto (la copia più antica esistente) e il testo pervenuto dalla tradizione attraverso continue copiea mano esistono pochissime differenze.

Così i comandamenti vengono scritti meticolosamente a mano anche su minuscoli pezzi di carta o meglio ancora, su pergamena e vengono inseriti nei cosiddetti stipiti (mezuzah), piccole custodieallungate in legno o metallo che vengono attaccate all’interno, appunto, dello stipite della porta. Anche in questo caso tale tradizione deriva da una precisa prescrizione biblica che troviamo nel Deuteronomioli scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte…”. Da un’altra di queste prescrizioni deriVa anche un’usanza che, a dire il vero, può suscitare una certa ilarità: gli ebrei molto praticanti quando pregano e, in particolare, nel giorno di sabato ovvero a partire dal venerdì sera, visto che il giorno, sempre secondo la Bibbia, comincia dal tramonto del sole, si recano presso il Muro del Pianto (che essi chiamano semplicemente Muro Occidentale) con una piccola scatolina nera legata sulla fronte con una striscia di cuoio e un’altra legata al polso (tefillin).

Anche qui viene data forma concreta alla raccomandazione biblica che ordina al praticante riguardo ai precetti della Legge: “Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi.”
D’altra parte anche la kippah ha un significato di rispetto: l’uomo deve indossare un copricapo a piccola calotta perché di fronte al cielo dove Dio abita bisogna coprirsi la testa in segno di venerazione. I praticanti naturalmente, più realisti del re, sotto il grande cappello a falde larghe portano anche la kippah come ho avuto modo di constatare personalmente.

 


Quello che ci racconta la nostra guida è inquietante: questi praticanti vengono pagati dallo Stato solo per studiare, pregare e fare figli, suscitando un certo disappunto anche presso gli stessi israeliani “laici”. In pratica non lavorano perché la loro unica attività è la lettura e lo studio della Torah. Certo c’è da chiedersi dove pensino di mettere tutti questi figli che aumenteranno repentinamente la densità di popolazione del piccolo stato nei prossimi anni.
Intanto i bambini si stanno già allenando, divertendosi con armi giocattolo, sparatorie e inseguimenti nella hall…
L’ortodossia coinvolge anche le macchine e così scopriamo che durante lo shabat non
funzioneranno i bancomat e anche gli ascensori faranno sosta ogni due piani perché un praticante nel corso della festa del sabato non può neppure premere il pulsante del piano.

 


Di buon mattino ci dirigiamo a Safed (Tsfat per gli ebrei), antica città, patria della Kabbalah, centro delmisticismo ebraico e città santa del Talmud, importante fortezza dei Templari e poi dei musulmani, riportata agli antichi splendori dopo la creazione dello stato di Israele.

Ci rechiamo a visitare le antiche sinagoghe subendo il misterioso fascino dei suoi vicoli coperti, completamente abitati da praticanti e artisti. Una delle principali opere del sapere della Kabbalah il Sépher Yetziráhche indaga le forze segrete del cosmo attraverso l’armonia dei numeri e anche l’attribuzione di numeri alle lettere dell’alfabeto ebraico in modo che alcuni dei passi più importanti della Torah possano trovare anche un’interpretazione esoterica. La parola della Torah, essendo parola divina, conterrebbe nei numeri, per chi la sa decifrare, anche il segreto della creazione dell’universo e gli stessi attributi dell’energia divina potrebbero essere descritti con formule matematiche. Un argomento veramente affascinante che mi fa venire in mente lo spettacolo Bing Bang dell’attrice Lucilla Giagnoni dedicato proprio al mistero delle parole della Genesi, alla loro traduzione in numeri in rapporto all’origine dell’universo e al suo termine ultimo.

Visitiamo la sinagoga di Yossef Caro un rabbino che alla fine del 1400 fuggì dalla Spagna a causa delle persecuzioni di Isabella di Pastiglia e si rifugiò qui dove codificò la Legge ebraica in un fondamentale testo sapienziale lo Shulchan Arukh.

Oltre che per le tombe degli antichi rabbini, grandi studiosi delle Scritture e meta di pellegrinaggio, Safed è famosa per la raffinatezza dell’artigianato ebraico di carattere religioso, ma non solo: ci sono anche gallerie d’arte e gioiellerie come un po’ in tutte le zone abitate da ebrei, visto che l’attività di orefice è una delle loro preferite e, in particolare, Israele è uno dei principali centri del commercio di diamanti.

Qui si possono comprare costosi simboli della religione ebraica abilmente cesellati in argento come copie artistiche della Torah, menorah, e mezuzah unici nel loro genere. Secondo l’usanza degli ebrei Chasidim (i pii) la mezuzah ha anche un valore apotropaico come anche l’altro simbolo molto usato in Israele della mano con le cinque dita aperte ma unite (Hamsa o mano di Miriam), che dovrebbe, secondo la tradizione, allontanare il male e gli spiriti maligni.

La storia di questo amuleto è curiosa perché è un elemento comune sia agli ebrei sia ai musulmani: per i primi essa rappresenta la mano di Miriam, sorella di Mosé e Aronne, e le cinque dita sarebbero il simbolo dei cinque libri della Torah, mentre per i musulmani sarebbe la mano di Fatima, figlia di Maometto, e le dita rappresenterebbero i cinque pilastri dell’Islam!
Proprio per il valore di protezione della mezuzah periodicamente le famiglie ebree praticanti controllano che il testo della Legge contenuto in essa sia ancora integro e leggibile.

 

L’ambiente di questa cittadina è veramente affascinante così come i rotoli della Torah scrupolosamente conservati nelle antiche sinagoghe, all’interno di ricche e preziose teche ricoperte da stoffe intessute di oro e gioielli.

Nel tardo pomeriggio, tornati in hotel, assistiamo ad una scena veramente curiosa: sembra uno di quegli incontri per single con veloci têteàtête, ma i protagonisti sono giovani praticanti con i loro cappelloni e i lunghi riccioli ben in vista. Ciò è dovuto al fatto che i giovani non possono frequentarsi liberamente e le ragazze non possono uscire per strada in compagnia di un uomo che non sia il proprio marito. Così per incontrarsi i giovani utilizzano gli hotel perché c’è l’obbligo di vedersi solo in mezzo alla gente in un luogo pubblico. Soprattutto le donne qui mi sembrano tutte così tristi e senza sorriso…
Scena finale da far-west: mentre stiamo per recarci a cena passa un ebreo con moglie e figli al seguito e una pistola infilata nella cintura dei pantaloni. Così, tanto per non perdere l’abitudine…


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