PLATONOV, L’UOMO SENZA QUALITA’ DI CECHOV – Un grande Alessandro Haber interpreta la decadenza di un’intera società

10 02 2010
haberPlatonov_L
Platonov, testo giovanile di A. Cechov, pubblicato postumo, è uno tra i titoli più interessanti di questa stagione di prosa, con un protagonista d’eccezione: Alessandro Haber.
L’opera ispirata, tra l’altro, alla figura realmente esistita di un amico dell’autore, è un impietoso ritratto della società russa di fine Ottocento, incarnata perfettamente dal protagonista, anti-eroe per antonomasia, goffo e cinico dongiovanni di provincia. Come nelle opere maggiori del drammaturgo russo, però, ancor più della critica sociale spicca l’analisi psicologica dei personaggi, l’approfondito e faticoso studio dei loro caratteri e delle loro emozioni. Platonov, il personaggio principale, si rivela così a poco a poco un uomo senza qualità, un fallito, che vive delle glorie e degli ideali della sua promettente giovinezza, narcisista al punto di non comprendere né considerare le esigenze di chi gli sta intorno, donnaiolo per noia, capace di amare solo se stesso o, meglio, la sbiadita immagine di chi sarebbe potuto essere, ma non è stato.
«- Ricordate quando voi vedevate in me un secondo Byron, e io sognavo di diventare un ministro o un Cristoforo Colombo? Sono maestro elementare, Sòfia Egòrovna, nient’altro….
– Ah… tuttavia questo non vi impedisce di essere un uomo?»
E’ la domanda della sua ex compagna di studi che suona come una condanna senza appello per questo reduce del nulla, di una guerra mai combattuta. Eppure anche lei, come tutte, è ancora infatuata di un Platonov che non esiste, perché non c’è neppure mai stato.
Attorno a lui, alla sua autocommiserazione, gravitano le vicende di una nutrita comitiva di suoi conoscenti: sua moglie, tanto gelosa quanto premurosa, figlia di un ex colonnello dell’esercito, le sue tre amanti, ovvero, come dicevamo, la sua vecchia compagna di studi appena sposata, una giovane sedotta e abbandonata e una squattrinata vedova di origini nobiliari, i rispettivi parenti, uno squallido strozzino (rappresentante della nascente borghesia russa) e i suoi «bravi». La monotonia della nebbiosa provincia russa sembra avvolgere tutto, conferendo ai dialoghi e ai personaggi stessi un’atmosfera sbiadita e rarefatta, il sentore di un’ipocrisia latente, che inesorabilmente contagia i difficili rapporti umani. Il sentimento dominante è la noia fin dalla prima battuta dell’opera e per sfuggire a questa impalpabile malattia dell’esistenza si è disposti a tutto: a sedurre ed essere sedotti, sognare partenze impossibili verso «nuovi mondi» oppure cercare una facile e pericolosa evasione nell’alcool, da sempre vera piaga sociale della Russia.
Forse per questo tutte amano Platonov, perché rappresenta il sogno di un cambiamento, dell’avventura, della giovinezza anche solo per rompere la piattezza della quotidianità. Platonov paradossalmente attrae le donne spacciandosi proprio per il nuovo che avanza, con i suoi discorsi vani, i suoi falsi ideali, il suo fascino da reduce, che, pur sconfitto dalla vita, continua ad avanzare per inerzia, memore dei suoi effimeri successi passati. Non è un caso che Cechov abbia scelto per lui la professione del maestro di scuola: un «cattivo maestro», appunto, in una società che scivola velocemente verso un’irreversibile decadenza. Attorno a lui si vedono i resti della vecchia aristocrazia terriera, schiacciata nel suo imbelle torpore dal potere economico di una borghesia non certo pulita, che, con la sua arrogante ignoranza riesce addirittura a far rimpiangere il vecchio sistema feudale. Mentre, infatti, tutti sembrano perduti nei loro vani sogni di cambiamento e di vagheggiata felicità gli usurai e i predoni della nuova società, con i piedi ben piantati arraffano tutto il possibile con pochi spiccioli.
In questa lento ma continuo scivolare nel fango emerge il conflitto fra le generazioni, la superficialità dei legami, la natura malata e parassita dell’essere umano, incapace di inseguire la virtù, sempre più accanito nel vizio. Platonov è per questo un’opera di transizione, in cui il realismo e la critica sociale, tipici della letteratura dell’Ottocento si fondono in un intreccio forse un po’ grezzo, ma efficace per l’analisi psicologica e la descrizione della natura umana di stampo prettamente novecentesco. Si può dire per questo che Platonov è in un certo senso predecessore dei personaggi del nuovo secolo come Zeno Cosini di Svevo o Leopold Bloom di Joyce.
Alessandro Haber interpreta alla perfezione questo personaggio, indolente e spietatamente cinico, tanto spudoratamente bugiardo quanto amato e seguito da un nugolo di donne che rappresentano «il suo pubblico», per il quale esibire la sua brillante eloquenza. Particolarmente riuscita la scena finale in cui Haber ci mostra un Platonov ormai sfinito dalla vita che lo sta consumando dall’interno, mentre in calzini e mutande riflette da buffone tragico sul suo futuro, pur non rinunciando a un’abbondante dose di cinismo meschino. Anche gli altri interpreti si sono distinti per le brillanti interpretazioni, offrendo nel complesso una prova assai convincente, tra questi ricordiamo Susanna Marcomeni nei panni della disincantata e scialacquatrice vedova Anna Petrovna.
Nanni Gerelli dal canto suo, con una regia attenta e mirata, che esalta e valorizza le asprezze angosciose e raggelanti del testo, riesce a rendere l’opera attuale e a trasmetterne con chiarezza il complesso significato, confrontando abilmente le situazioni descritte da Cechov con la realtà molto più recente. Egli ambienta, infatti, il dramma nella provincia russa degli anni ’80-’90 del Novecento, nel periodo immediatamente successivo al crollo dell’Urss, in un momento di sostanziale crisi economica e sociale, per molti aspetti simile a quello decritto dall’autore. Particolarmente riuscita è la scelta di utilizzare a mo’ di sipario un telone semi-trasparente, che lasci intravedere la realtà dietro di sé pur non mostrandola con chiarezza, creando una sorta di foschia indistinta, suggerendo l’immagine del «velo di Maya» che nasconde e, allo stesso tempo, scopre il nulla di una vita sprecata.
Rossana Cerretti e Lorenzo Sarnataro
  

Actions

Informations